Tokio, 05-05-2012
Da questa sera, per la prima volta in 42 anni, il Giappone non avrà più - almeno nell'immediato futuro - energia elettrica generata dall'atomo in scia alla grave crisi della centrale di Fukushima.
La Hokkaido Electric Power, utility dell'isola a nord di Hokkaido, disattiverà l'unità n.3 della struttura di Tomari, l'ultima attiva sulle 54 disseminata nell'arcipelago, con la procedura che partirà dalle 17 locali (le 10 in Italia) per concludersi col blocco totale previsto alle 23.
Lo stop dei reattori, obbligatorio ogni 13 mesi in Giappone per poter effettuare i controlli ordinari, si e' da oltre un anno intrecciato alla crisi di Fukushima: dopo il devastante sisma/tsunami dell'11 marzo 2011, la peggiore emergenza dopo Cernobyl ha rilanciato forti dubbi sulla sicurezza degli impianti che, al contrario, era in precedenza considerata una certezza.
La perdita di radiazioni e le evacuazioni di massa hanno moltiplicato le paure nell'opinione pubblica sulle centrali al punto che, al netto dei reattori danneggiati (come la centrale di Fukushima Dai-ichi), tutte le unita' fermate per le verifiche di routine non sono piu' ripartite in scia alle forti resistenze registrate tra le comunita' locali.
Il processo amministrativo di riavvio, dopo il via libera dell'authority sulla sicurezza nucleare, prevede che ci sia il consenso espresso dagli enti locali (comuni e prefetture) che ospitano gli impianti. Finora, da questi ultimi non e' maturata alcuna approvazione neanche in quelle zone a forte vocazione come la prefettura di Fukui, il 'cuore atomico' del Giappone con 14 reattori su una superficie simile a quella della citta' di Roma, che ne fanno l'area piu' nuclearizzata al mondo.
Chi se lo sarebbe aspettato dal mite, ordinato, per nulla ribelle, Giappone?
Una terra che basa tutta la sua forza sulla fiducia nel sistema e sull'impegno di ciascuno per il bene della collettività.
Un luogo dove remare controcorrente è visto alla stregua di un crimine.
Eppure.
Eppure anche i Giapponesi possono stancarsi delle decisioni delle Keiretsu, di quei mastodonti orridi, gruppi di finanzieri e di industriali che da più di un secolo ordinano e comandano la loro esistenza, sempre meno per la gloria del Giappone, sempre più per le loro tasche.
Oggi i Giapponesi completeranno qualcosa di rivoluzionario per la loro storia nazionale.
I consigli locali, chiamati a votare la riapertura delle centrali nucleari dopo i controlli generali della rete nucleare, a seguito l'affaire Fukushima, hanno negato in massa e sistematicamente il loro appoggio.
A meno di un colpo di stato, il cartello nucleare è in ginocchio. Per quanto possa dibattersi, per quanto possa corrompere la regola democratica vale ancora.
E il Giappone ha fatto una scelta, che prima di questa data s'era vista in Italia soltanto, per la nostra sfiducia totale nello Stato, ci dicevamo.
Ma la sfiducia vera, va ai gestori dei siti, ai capitalisti dell'atomo, ora lo sappiamo meglio.
Il Giappone non vuole più ritrovarsi contaminato, in quarantena nella sua piccola isola. Non ci sta più ad essere appeso per i piedi su un fosso pieno di punte.
Non ci stanno i salariati potenziali suicidi che ogni giorno lavorano fino allo sfinimento per un miraggio di miglioramento, non le madri riservate nelle case, non i giovani del nuovo assetto globale. Neanche più i politici proni alla corporazione, riescono ad avallare.
Troppa paura.
Una sindrome cinese.
La reazione di chi si è scoperto in casa l'assassino.
Il Giappone che in passato ha detto troppi sì, oggi trova la forza di dire no.
Non so se essere fiducioso che duri, o meno, di certo fa tremare molti nel mondo, la decisione di un piccolo stato, tra i più industrializzati al mondo.
Neanche il terrorismo del governo sulle possibili future interruzioni di energia elettrica ha fermato la corazzata dei nuovi antinuclearisti.
Ed è certo che la crisi energetica ci sarà per una nazione che dovrà fare una totale riconversione, e forse neanche in forme troppo virtuose, visti i nuovi contatti con la Russia per la fornitura di gas naturale (che anche questo, dia fastidio a qualcuno?).
Ma tra residuati nucleari ed emissioni, forse già la bilancia del cambio si fa conveniente.
E niente ci vieta di pensare che il Giappone possa mirare ad energie alternative già entro il prossimo futuro, quando dovranno rassegnarsi anche i più incalliti lucratori al nuovo corso.
Almeno si spera.
Di certo è una notizia non di poco peso, elettrizzante.
Il Giappone dice addio a quel servo infedele dell'energia atomica.
Un segno che l'ora è giunta di cambiare totalmente i nostri mezzi.
Nessun commento:
Posta un commento