domenica 13 maggio 2012
Il giorno in cui incontrai la Marcia dei Papisti.
Da due giorni, per chi non lo sapesse, mi sono messo di buona lena a visitare i luoghi della Roma moderna, in vista del mio esame di Storia dell'Arte intorno al periodo.
L'epoca moderna è per definizione un'epoca abbastanza strana, dalla quale pretendiamo di trarre buona parte della nostra eredità democratica e libertaria, che pure ha posto le basi per un più spietato controllo sulle vite degli altri, affinando mezzi di controllo e collettivizzazione del potere, ormai non più basato su episodiche prove di forza di un primus inter pares, ma sull'azione repressiva e coerente di uno Stato assoluto.
Come mi faceva notare qualcuno ieri, antico adagio, quello che ci nutre, ci distrugge.
Quello che ci ha nutrito, ci ha anche assalito.
Ma non è di ponderose riflessioni filosofiche post-strutturalistiche che voglio parlare oggi.
Prendendo per buono quello che ho introdotto, dovremmo almeno essere grati di una cosa allo scorrere dell'età moderna. Il fatto di averci liberato dall'ossessiva coercizione di una fede come quella cattolica controriformata, che ha ambito in tutti gli anni della sua esistenza a tenere sotto scacco l'anima e il corpo dell'uomo, in una inquisizione continua e in un timore che ogni cosa potesse essere offesa al divino.
Specie l'Italia ha sofferto di questa spaventosa creazione di un senso di colpa allo stesso tempo individuale e totale, e che ha formato anche per secoli la logica dei nostri pensieri, portandoci a buona parte delle nostre nevrosi collettive, meschinità, ed anche a numerose mancanze.
Tutto finito ora? Siamo liberi?
Per chi ha letto PPP e per chi non l'ha letto appare un suggerimento ovvio che la Chiesa ha perso il suo conflitto millenario per raggiungere il potere già negli anni '60, in favore d'una nuova fede dell'uomo consumatore, poco incline a seguire i dettami della religione, molto più quelli dell'edonismo.
Questo ha posto la parola fine, sebbene si fosse ancora ben lontani, dalla libertà.
Si è stati sempre liberi di consumare e divorare, forsennati.
E questa che libertà sarebbe?
Ma ora che alle nostre porte ci sono di nuovo immagini di rovina, e che cade tutta quella crassa fede nel progresso e nel consumo, c'è bisogno di qualcosa di nuovo.
Uno si aspetterebbe un salto verso l'ignoto, e invece...
Mi trovavo dunque ad essere appena uscito dalla Galleria Corsini e dalla Villa Farnesina. Camminavo per il Ponte con in mente di entrare a visitare anche la Chiesa Nuova dei Filippini, dato che era di strada verso l'autobus per Piazza Venezia.
Arrivato di fronte alla chiesa trovo la strada sgombra e già piena di Carabinieri e vigili.
I miei sensi fiutano il pericolo.
Ieri ero ben consapevole di cosa stava per succedere.
Decisi di non chiedere niente agli agenti.
Entro deciso nella Chiesa Nuova, e la visito per i miei affari durante la messa (la mattina di domenica ne dicono tre di fila), sono abbastanza cortese nel non far rumore, al mio collo invece, la tracolla cigola come le catene dell'inferno.
Tentando inutilmente di farmi aprire l'oratorio, da un signore visibilmente scocciato che sia stato statalizzato ai tempi del Regno d'Italia (mi guarda male, che abbia capito?), capisco che non è possibile di Domenica vedere altro che la chiesa.
Esco, mentre qualcuno si mette a salmodiare.
E fuori?
Fuori, eccola!
La famigerata "Marcia per la Vita"
Anzi, meglio!
Becco subito la Militia Christi.
Sono incerto sul da farsi.
Se buttarmi in mezzo a loro imprecando.
Se passare direttamente alla bestemmia sportiva.
Se tentare di strappargli via almeno quei bambini che si trascinano miseramente dietro.
Se tentare di convincerli ad abbandonare il loro insano tentativo di rimettere il Papa a capo delle nostre teste, e i pii Gesuiti con lui.
Potrei girarmi e urlare: "Feticisti del corpo! Pervertiti!"
Ne ho la voglia, guardando le loro bandiere. Feti con le alucce da angelo. Icone di "Mi piace" da Facebook con accanto frasi colloidali sulla difesa della vita ad ogni costo.
Il "Popolo della Vita" che fa tanto Marcellino, Pane e vino.
Da qualche parte, anche se non la vedo, c'è Forza Nuova, da qualche parte i Democratici Cattolici del PD Opus Dei.
Li guardo e ho voglia di accendermi e bruciare in mezzo a loro, ma.
Ora li ascolto.
Cosa fanno? Cosa dicono?
Sento un ritmo da stadio, di quelli che servono per dire: "Un capitano, c'è solo un capitano!"
Ma cosa ci stanno cantando sopra?
Inni in latino? Salmi?
Ma che diavolo state facendo?
È questo il vostro richiamo alla tradizione? La gioventù del Papa nazi che fa i coretti da stadio con i salmi. Perché loro sò ciofani. E poi?
Qualcuno si mette a scandire. Benedetto. Benedetto. Benedetto. Benedetto.
Difesa della vita?
Che difesa della vita è inneggiare al capo di uno stato straniero in territorio italiano?
Oggi gioco al repubblicano, e ve lo chiedo.
Che c'entra benedetto? Cosa ci siete venuti a portare, istanze contra aborto o fate solo da quinta colonna a un esercito straniero fingendo che vi importi qualcosa di madri e bambine?
Poi mi metto a guardarli, in faccia. Ci sono più polacchi che italiani in giro, dei veri ultras, ma non nobili come uno Jan Sobieski dei ricordi. C'è gente pettinata male e con il riguardo dei seminaristi. Anziani in libera uscita con tutto il gruppo parrocchia Bambini trascinati coi cappellini da Azione Cattolica. Ma poi, ma poi, cos'altro, se non gente annoiata e abbronzata con occhiali da sole e smartphones, a reggere i metri quadri di striscione con poca voglia, metà pitoni della borghesia romana, metà con la faccia dei mercenari pagati (come stanno scoprendo in queste ore alcuni cronisti senza collusioni).
Allora mi fermo a ricontarli. Sono una miseria, in fondo, questi miliziani della domenica. La strada è vuota e potrei ballarci nudo in mezzo, e forse dovrei farlo.
Forse dovrebbe essere la nuda fisicità del mio corpo a bloccare questo esercito straniero.
Perché loro sono una miseria che si fa grossa con l'utilizzo delle bandiere e degli striscioni, così che le telecamere, da lontano, da fuori, li facciano sembrare tanti, mentre si celano tra le lenzuola.
Ma sono disperatamente pochi. Con amici influenti, che li faranno risuonare, loro e il loro inganno.
I loro generali che già prevedevano di dover prezzolare la vittoria. Sicuri e bonari. Hanno fiutato la crisi, loro che si nutrono di paura della morte, e sanno di dover apparire ora, per suggestionare qualche anima persa.
Sperano i Generali - Cardinali di poter tornare a influenzare la nostra vita, parlando ogni giorno di cosa dovrebbe fare il governo, mandandoci le loro quinte colonne tra le piazze.
Chi vorrebbe il vostro ritorno, eminenza, eccellenza, grand. test. di ca. ?
Il dominio del nostro corpo e della nostra mente sono cose irrinunciabili per quel piatto di lenticchie di miserere ed estreme unzioni che offrite, ed è inutile che disperati tentate di riaffondare le unghie in quello che state perdendo, ad onta dei vostri sforzi sovraumani quotidiani per addormentare ogni critica con politici conniventi.
La misura è colma. Noi vogliamo qualcosa di meglio, non un ritorno ad uno stato di colpa tremendo elaborato nel cinquecento per tenerci al ferro e alla catena.
Siamo disperati, ma dignitosi.
Tenetevele, le vostre rivendicazioni sui corpi e sulle menti, per le vostre quinte colonne inaridite dall'edonismo di questo tempo aggiunto al bigottismo di maniera con cui si piegano sotto di voi per quieto e perbene conformismo.
Noi siamo oltre, noi vogliamo oltre.
Vi ho visti, disperdervi appena arrivati al Castel Sant'Angelo (che scelta infelice, un luogo di tortura, per finire, di tortura papalina), consci che la farsa era finita, riprendere gli autobus.
Perché anche io aspettavo quegli autobus, che voi m'avete bloccato andandovene in giro a inneggiare al vostro Benedetto, e sono ripartiti solo dopo.
Per fortuna me ne sono andato prima che poteste invadere in massa i mezzi.
Sono salito ed ero attorniato da gente, non prepotente, gente che era lì a vivere.
Seduta proprio di fronte a me, sul sedile del corridoio, una donna musulmana in viaggio con la figlia e il marito, ad occhi chiusi riposava.
Il suo viso sereno ed i suoi tratti gentili, coperti dal velo, avevano la bellezza di una Vergine rinascimentale.
Suo marito sorridendo mi chiede in un inglese approssimativo se stiamo per arrivare al Vittoriano.
Sì, gli dico, questa è la via.
Lì scendo anche io, seguitemi.
Mi salutano alla fermata prima di andare via, come fossi un caro amico che parte.
Magari nella realtà sono dei biechi reazionari, chissà.
Ma si vive anche per immagini.
Ed oggi voi eravate fogna, e loro candida luce.
Una luce che avete perso, e vi muovete nel fango, bigotti, a cercarla.
Vorrestre trovarla nelle nostre cavità uterine. Nel dominio delle nostre gonadi.
Lasciate perdere.
Lasciateci in pace.
Qui *si tocca il corpo* non c'è affare che vi possa riguardare.
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