"Qualcuno non ha pagato, e allora?
Sei forse tu la Morte, Signora?"
Sei forse tu la Morte, Signora?"
"Non capite? L'abbiamo ucciso noi.L'abbiamo ucciso noi..."(Dustin Hoffmann, Mad City, 1997, scena finale)
Romano di Lombardia, provincia di Bergamo, Agenzia delle Entrate di zona.
Un uomo entra nel locale armato di fucile a pompa e chiede di parlare con Mario Monti, deve dirgli che ci sono troppe cose che non vanno in Italia.
Romano di Lombardia, Nord, Nord Lega, circa.
Un uomo armato entra nell'Agenzia delle Entrate, ma è come se fosse rimasto chiuso a casa coi suoi pensieri. Quasi sta parlando a sé: "Ci sono troppe cose che non vanno in questo Paese, devo parlare con Mario Monti".
Luigi Martinelli, si chiama. Luigi Martinelli. Anni 54.
Martinelli entra armato nell'Agenzia delle Entrate.
Gli hanno mandato una cartella esattoriale. A lui, alla sua azienda a dire il vero. Una azienda di pulizie senza commesse e a braccia conserte.
Ma non che questo sia importante.
Giusto lo spunto. Quel moto che dà l'ispirazione e l'idea.
Martinelli entra armato nell'Agenzia delle Entrate di Romano di Lombardia (che poi, che nome strano, nella bassa leghista).
Armato, più che altro la sua mano.
La sua mente è abbastanza inerme.
Vuole aggiustare le cose, con Mario Monti. Deve parlargli.
Un uomo entra nel locale armato di fucile a pompa e chiede di parlare con Mario Monti, deve dirgli che ci sono troppe cose che non vanno in Italia.
Romano di Lombardia, Nord, Nord Lega, circa.
Un uomo armato entra nell'Agenzia delle Entrate, ma è come se fosse rimasto chiuso a casa coi suoi pensieri. Quasi sta parlando a sé: "Ci sono troppe cose che non vanno in questo Paese, devo parlare con Mario Monti".
Luigi Martinelli, si chiama. Luigi Martinelli. Anni 54.
Martinelli entra armato nell'Agenzia delle Entrate.
Gli hanno mandato una cartella esattoriale. A lui, alla sua azienda a dire il vero. Una azienda di pulizie senza commesse e a braccia conserte.
Ma non che questo sia importante.
Giusto lo spunto. Quel moto che dà l'ispirazione e l'idea.
Martinelli entra armato nell'Agenzia delle Entrate di Romano di Lombardia (che poi, che nome strano, nella bassa leghista).
Armato, più che altro la sua mano.
La sua mente è abbastanza inerme.
Vuole aggiustare le cose, con Mario Monti. Deve parlargli.
Il fucile è solo un bastone magico. Come il megafono o uno scettro. Catalizza l'attenzione.
La gente in fila la fa uscire subito. Gente come lui, che vuoi che ne sappia?
La gente torna a casa. Sulla strada si ferma al bar.
C'è un tipo innocuo con il fucile nell'Agenzia, raccontano. Un tipo buono, un po' triste, con un fucile in mano. Si raccontano quasi cose scontate. Come il ritardo dei treni regionali.
Luigi Martinelli rimane con gli impiegati.
Carmine Mormandi, calabrese d'origine, capisce persino d'essere più armato di lui, interiormente, di quell'uomo innocuo con un fucile in mano (due pistole, alla cintura).
"E che fai? Mi spari?" gli scherza.
Martinelli alza il fucile e spara al soffitto, meccanico e quasi senza voglia.
Va bene essere innocui, ma non molliamo le parti.
Lui ha il bastone del comando in mano, perché adesso deve parlare.
Mormandi tace, sa bene un calabrese che tutti gli uomini possono essere pericolosi, specie i più miti.
Allo sparo, arrivano i nostri. Cinque minuti e l'edificio è circondato dai Carabinieri.
Roberto Lorini di mestiere è un brigadiere, forse ha coraggio, forse incoscienza.
A gesti conduce una negoziazione con l'uomo disarmato armato di fucile all'interno dell'Agenzia.
Scambio prigionieri.
Tutti gli impiegati fuori, il brigadiere Roberto Lorini dentro.
Tutti fuori tranne Mormandi. Parlare troppo a volte porta cattiva sorte.
Rimanga lì, lui ha le viscere per parlare.
Ci sono tre uomini nell'Agenzia dell'Entrate di un paese della bergamasca.
Uno è un impiegato statale incallito dagli anni.
Uno è un carabiniere, ma stranamente un uomo e non un caporale.
Uno è un imprenditore, innocuo, mite, armato di fucile.
Vuole parlare con Mario Monti, perché qualcosa deve essere fatto.
Al massimo se non può subito, può parlare con la stampa.
Li aspetta, Martinelli.
Intanto chiacchiera con il brigadiere.
Che è quasi una fiction all'italiana.
Luigi e il Brigadiere.
Luigi e il brigadiere Lorini parlano.
Mormandi sta in un angolo, dimenticato attore non protagonista.
Guarda i due, manderà messaggi fuori alla ragazza per informarla della situazione.
Volesse probabilmente potrebbe anche mettersi su Internet o farsi un caffé.
Un po' una di quelle lunghe attese burocratiche. Come quando fai un concorso o aspetti di sbrigare una pratica in un ufficio.
Vorresti pure andartene, ma devi stare lì, a passare il tempo.
Intanto Luigi e il brigadiere Lorini parlano.
Bene non lo sapremo che si sono detti.
Parlano di quello che sta facendo Luigi.
Magari di come ci è arrivato. Magari di dove sperava di andare.
Ce ne vuole di tempo a parlare. Analizzare i passi. Prendere decisioni.
Passano cinque o sei ore (a seconda di come la si voglia vedere).
Alla fine, è come se fosse arrivato il turno di Mormandi al concorso.
La gente in fila la fa uscire subito. Gente come lui, che vuoi che ne sappia?
La gente torna a casa. Sulla strada si ferma al bar.
C'è un tipo innocuo con il fucile nell'Agenzia, raccontano. Un tipo buono, un po' triste, con un fucile in mano. Si raccontano quasi cose scontate. Come il ritardo dei treni regionali.
Luigi Martinelli rimane con gli impiegati.
Carmine Mormandi, calabrese d'origine, capisce persino d'essere più armato di lui, interiormente, di quell'uomo innocuo con un fucile in mano (due pistole, alla cintura).
"E che fai? Mi spari?" gli scherza.
Martinelli alza il fucile e spara al soffitto, meccanico e quasi senza voglia.
Va bene essere innocui, ma non molliamo le parti.
Lui ha il bastone del comando in mano, perché adesso deve parlare.
Mormandi tace, sa bene un calabrese che tutti gli uomini possono essere pericolosi, specie i più miti.
Allo sparo, arrivano i nostri. Cinque minuti e l'edificio è circondato dai Carabinieri.
Roberto Lorini di mestiere è un brigadiere, forse ha coraggio, forse incoscienza.
A gesti conduce una negoziazione con l'uomo disarmato armato di fucile all'interno dell'Agenzia.
Scambio prigionieri.
Tutti gli impiegati fuori, il brigadiere Roberto Lorini dentro.
Tutti fuori tranne Mormandi. Parlare troppo a volte porta cattiva sorte.
Rimanga lì, lui ha le viscere per parlare.
Ci sono tre uomini nell'Agenzia dell'Entrate di un paese della bergamasca.
Uno è un impiegato statale incallito dagli anni.
Uno è un carabiniere, ma stranamente un uomo e non un caporale.
Uno è un imprenditore, innocuo, mite, armato di fucile.
Vuole parlare con Mario Monti, perché qualcosa deve essere fatto.
Al massimo se non può subito, può parlare con la stampa.
Li aspetta, Martinelli.
Intanto chiacchiera con il brigadiere.
Che è quasi una fiction all'italiana.
Luigi e il Brigadiere.
Luigi e il brigadiere Lorini parlano.
Mormandi sta in un angolo, dimenticato attore non protagonista.
Guarda i due, manderà messaggi fuori alla ragazza per informarla della situazione.
Volesse probabilmente potrebbe anche mettersi su Internet o farsi un caffé.
Un po' una di quelle lunghe attese burocratiche. Come quando fai un concorso o aspetti di sbrigare una pratica in un ufficio.
Vorresti pure andartene, ma devi stare lì, a passare il tempo.
Intanto Luigi e il brigadiere Lorini parlano.
Bene non lo sapremo che si sono detti.
Parlano di quello che sta facendo Luigi.
Magari di come ci è arrivato. Magari di dove sperava di andare.
Ce ne vuole di tempo a parlare. Analizzare i passi. Prendere decisioni.
Passano cinque o sei ore (a seconda di come la si voglia vedere).
Alla fine, è come se fosse arrivato il turno di Mormandi al concorso.
Esce da solo, Mormandi, all'improvviso, dopo sei ore, come se niente fosse, come se avesse finito di lavorare in quel momento, va ad abbracciare la sua ragazza con la passione del sopravvissuto.
Sì che era innocuo, ma innocuo con fucile!
I due escono venti minuti più tardi, passeggiando via dall'Agenzia tranquilli.
Potrebbero essere gli ultimi clienti ritardatari che vanno via all'ora di chiusura.
Luigi Martinelli ora è completamente disarmato.
Ha abbandonato le armi da fuoco. La sua mente è sempre inerme.
Luigi e il brigadiere vanno fino alle macchine dei Carabinieri.
Il Roberto ammanetta il Luigi come gli stringesse la mano per salutarlo, e quello nel processo quasi gli chiede scusa del trambusto che ha creato. Si sorridono. Sorrisi sommessi, ma sinceri.
In fondo non è un criminale, il Luigi, voleva solo parlare con Mario Monti, perché il Paese non va, e qualcuno deve pur fare qualcosa. Una brava persona il Luigi. Ci sta anche che uno ne diventi amico.
In caserma arriva poco dopo, Luigi Martinelli. Ringrazia i Carabinieri per averlo arrestato, mentre entrano. Cose che un Carabiniere non immaginerebbe mai di sentirsi dire, in una vita. Devono essere stati imbarazzati.
Prima di metterlo in camera di sicurezza, ci provano a fargli qualche domanda:
"Ma perché lo hai fatto?"
Martinelli ha chiuso gli occhi, cercando la risposta.
Ma non è arrivato niente che non fosse un lungo silenzio buio.
Magari domani. Magari domani.
La disoccupazione è alle soglie del 10 %
Andreotti è ancora vivo.
Lusi non vuole andare in galera senza Rutelli.
Il Bossi giovane, compratore di lauree a Tirana, farà il muratore, l'ha detto.
Don Riccardo Seppia condannato a nove anni e mezzo per pedofilia, ma nessuno ne parla.
La Russia e la NATO litigano su quanti missili punteranno sulle nostre teste.
Qualcuno deve fare qualcosa.
Qualcuno dovrà pur far qualcosa.
Sì che era innocuo, ma innocuo con fucile!
I due escono venti minuti più tardi, passeggiando via dall'Agenzia tranquilli.
Potrebbero essere gli ultimi clienti ritardatari che vanno via all'ora di chiusura.
Luigi Martinelli ora è completamente disarmato.
Ha abbandonato le armi da fuoco. La sua mente è sempre inerme.
Luigi e il brigadiere vanno fino alle macchine dei Carabinieri.
Il Roberto ammanetta il Luigi come gli stringesse la mano per salutarlo, e quello nel processo quasi gli chiede scusa del trambusto che ha creato. Si sorridono. Sorrisi sommessi, ma sinceri.
In fondo non è un criminale, il Luigi, voleva solo parlare con Mario Monti, perché il Paese non va, e qualcuno deve pur fare qualcosa. Una brava persona il Luigi. Ci sta anche che uno ne diventi amico.
In caserma arriva poco dopo, Luigi Martinelli. Ringrazia i Carabinieri per averlo arrestato, mentre entrano. Cose che un Carabiniere non immaginerebbe mai di sentirsi dire, in una vita. Devono essere stati imbarazzati.
Prima di metterlo in camera di sicurezza, ci provano a fargli qualche domanda:
"Ma perché lo hai fatto?"
Martinelli ha chiuso gli occhi, cercando la risposta.
Ma non è arrivato niente che non fosse un lungo silenzio buio.
Magari domani. Magari domani.
La disoccupazione è alle soglie del 10 %
Andreotti è ancora vivo.
Lusi non vuole andare in galera senza Rutelli.
Il Bossi giovane, compratore di lauree a Tirana, farà il muratore, l'ha detto.
Don Riccardo Seppia condannato a nove anni e mezzo per pedofilia, ma nessuno ne parla.
La Russia e la NATO litigano su quanti missili punteranno sulle nostre teste.
Qualcuno deve fare qualcosa.
Qualcuno dovrà pur far qualcosa.
Scorro le notizie, con la speranza di trovare qualcosa di nuovo tra i titoli.
Qualcosa che cambi la nostra ridicola parvenza di esistenza.
Qualcosa che cambi la nostra ridicola parvenza di esistenza.
C'è una cosa che non riesco a togliermi dalla testa.
"Quel cielo, così bianco..."
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