giovedì 31 maggio 2012

Se il 2 Giugno. Un popolo di artisti.





Flash: Amici  si stanno battendo in questo momento perché la parata militare del 2 Giugno venga annullata.
Eliminando dal novero quelli che ne fanno una precisa scelta antimilitarista da sempre, molti sono convinti che un atto del genere sarebbe doveroso e d'aiuto nei confronti del terremoto emiliano.
Io stesso non sono mai stato un amante del passo dell'oca ma in questo momento mi viene da chiedere (e in questo convengo con Cruciani di Radio 24, si sfracellino i Monti per questo) cosa c'entri, e a cosa gioverebbe.

1-I soldi




Se state pensando, amici, che si possa recuperare anche un solo euro annullando la parata a due giorni dall'inizio, siete fuori strada, e fuori tempo massimo.
Sono state date commesse, appalti, sono stati mobilitati uomini (nessun mezzo invece, pare, quest'anno, ma secondo me questo l'avevano già deciso per la benzina che non si possono permettere) e come è ovvio in questa nostra bella e onorata società debitoria e indebitata, oramai non c'è più un soldo da recuperare, anzi, sicuramente qualcuno c'avrà messo dentro qualche contratto capestro pieno di penali, per cui, per un annullamento, si arriverà probabilmente a pagare il doppio di quanto si deve adesso (non ho informazioni precise al riguardo, ma ho visto un bel po' di contratti d'appalto dello Stato, essere firmati a queste condizioni).
Per quanto riguarda i soldi, l'annullamento è davvero inutile, anzi, può diventare dannoso, stiamo attenti, in periodo di soffocamento, a non buttare ulteriori debiti sulla pira, che non aiuterebbero di certo nessuno, figuriamoci i terremotati.

2-I morti






"..."Tu qua' Natale...Pasca e Ppifania!!!
T''o vvuo' mettere 'ncapo...'int'a cervella
che staje malato ancora e' fantasia?...
'A morte 'o ssaje ched''e?...è una livella.

'Nu rre,'nu maggistrato,'nu grand'ommo,
trasenno stu canciello ha fatt'o punto
c'ha perzo tutto,'a vita e pure 'o nomme:
tu nu t'hè fatto ancora chistu cunto?

Perciò,stamme a ssenti...nun fa''o restivo,
suppuorteme vicino-che te 'mporta?
Sti ppagliacciate 'e ffanno sulo 'e vive:
nuje simmo serie...appartenimmo à morte!"


Alcuni pensano che sia irrispettoso andare avanti nei festeggiamenti di una Repubblica Italiana o delle Forze Armate in un momento come questo. Immaginano forse la via della morte e della tragedia come un gran silenzio e una prostrazione totale. Muti, statuari, davanti alla morte e alla distruzione, coi capelli scompigliati e strappati, e un vento tra i capelli da sud-ovest. Ci nutriamo spesso di immagini.
Ma la parata del 2 Giugno non è più irrispettosa della morte e della devastazione che uscire il 2 Giugno per andare al Rainbow Magic Land (e dato che sono sulla via per arrivarci, se volete posso farvi la cronaca di quanti ci andranno) o a fare shopping, o rimanere in casa a grattarsi gli zebedei tutto il giorno di fronte al televisore.
O il 2 Giugno saranno tutti in preghiera per i nostri amici emiliani?
Il 2 Giugno (già ne parlai tempo fa, per il 25 Aprile) non è una festa, di quelle da intendersi con cappellini di carta a punta, champagne e Maracaibo, il 2 Giugno è un rito civile (e, bene o male che vada, militare) si celebra per le strade la nostra Repubblica (malata, malatissima, ma i padri costituenti ne erano pur abbastanza fieri, dopo anni di sofferenza) e, per quelli a cui piacciono, le Forze Armate.
Un'occasione di incontro nelle piazze che forse a livello simbolico vale qualcosa in più che niente.
Al di là di questo, i morti sono morti, e queste sono solo scaramucce tra vivi.
Per i vivi invece che dire? Modna e Ferrara il giorno dopo avevano già voglia di ripartire, testarde e fecali, che senso avrebbe stare a commiserarli in silenzio come fossero malati di uno stadio terminale?
I morti non hanno più bisogno di nulla.
I vivi hanno bisogno di una speranza.
Di rumore.
Di vita intorno.
Anche di bellissime parole inutili.
Molto di più, dell'aiuto che potremo dargli.
Rinchiudere tutto in un silenzio di morte, in uno stop preselettivo, può solo generare depressione e senso di sconfitta totale.
Spero non vogliate rifare il sacramento e il catafalco de L'Aquila, il charity show all'aria aperta di Silvietto.
Badiamo ai vivi, dopo aver badato ai morti, e badiamoci anche il 3 Giugno. Non facciamo tanto rumore per la pagliacciata di una parata, per poi fare tanto silenzio subito dopo.
Ma sto diventando stantio, prossimo punto.



3-Il Genio Militare






Alcuni dicono che i militari in parata dovrebbero essere mandati nelle zone terremotate ad aiutare nei lavori.
Questo è molto idiota, amici.
Tra volontari, vigili del fuoco, militari, carabinieri, polizia, guardia di finanza, protezione civile, guardia forestale e abitanti sfollati, quanti credete che possa sopportare la pur fertile Emilia?
All'epoca del terremoto aquilano bloccarono molti di quelli che volevano partire perché il flusso troppo alto di persone nelle zone post-sisma sarebbe stato solo dannoso. Ci vuole la gente in numero giusto, a lavorare, ci vuole coordinamento.
Se saranno mandati i militari in Emilia, ci saranno quelli che servono, di certo non tutto l'esercito, non è una guerra d'occupazione (fortunatamente).
E in parata c'è una rappresentanza dell'esercito, della marina, degli altri corpi. Non sono certo tutti lì.
Un po' di lucidità.


4-I ricordi stagionali degli italiani









Mi chiedo alla fine se sia solo questo a muoverci, il fatto di annullare la parata di un anno, e la gara di solidarietà su twitter a chi scrive la cosa più fantasiosa per fare abolire la parata di un anno.
Dove erano tutti questi terribili antimilitaristi il giorno in cui abbiamo spedito soldati in tutti i fronti della guerra interplanetaria?
Dove erano tutti questi sismologi, geologi, ingegneri, architetti, tutta questa varia umanità che ora si dà tanta pena per denunciare che il terremoto è gestito male, e dove si dovrebbero mandare i militari, e cosa gli si dovrebbe far fare, dove erano nel 2003, quando variò la valutazione di rischio sismico in quella zona d'Emilia? E se ne parlava anche da prima, ma mettiamo dal 2003, che divenne legge.
In 9 anni (nove, anni. In cinque si tirano su complessi monumentali) dov'è stata questa torma di esperti, invece di pensare a consolidare e ristrutturare? E non parlo solo d'Emilia, il 70% degli edifici a rischio in Italia non è ancora antisismico.

Siamo un popolo episodico.
Ci riempiamo la bocca e la mente, ci facciamo grancassa e banditori, solo in occasione di grandi gesti artistici.
Il nostro ideale d'uomo è quello con la parolaccia in bocca, fotografato nell'attimo in cui fa un gestaccio.
Il teppista, il ribelle.
L'uomo che fa sfogo del suo ego da una piazza o da un balcone, o da una predella.
Siamo tutti allenatori, il giorno dopo la partita.

Vogliamo finirla con questa pantomima da melodramma?
Passiamo da tragedia in tragedia sempre dalla parte dei giusti e degli onesti, indignati con questo, indignati per quello.
Ma dov'è il quotidiano, l'ovvio, il banale e il solito?
La giornaliera pervenzione che in nove anni non riusciamo a tirare su?
Roba noiosa, lo ammetto, è meglio fare gli artisti, lanciarsi in scene dalle tinte forti e in chiaroscuro, dove rilasciare battute memorabili (su internet).

Sarà questa la celebrazione della Repubblica Italiana? Il querulo pettegolare della piazza e del bar su motivi da osteria, senza mai uscire dalla Repubblica degli Eroi, e dei Miti Intoccabili, e del Bene che vince sul Male.
Favole da pub hobbit.

Ma che continuiamo a raccontarci, perché sono un modo di morire un po' meno peggiore.

Domanda Finale

Andrai tu a spalare i detriti, cittadino che così tanto ama l'Emilia?
Controllerai il livello di antisismicità della tua casa? Convincerai il tuo comune a indire una campagna di controllo?
Sarai tu contrario alle guerre future che ci proporranno, cittadino che è contro il militare?
Urlerai ad alta voce che comprare 17 aerei caccia pure difettosi e pagarli miliardi è uno spreco?

O continuiamo a mandare sms di carità su cui lucrano le compagnie telefoniche, e a fare finta che basti cambiare il termine "guerra" in "missione di pace" per avallare un massacro (di soldati, mandati a morire nell'ignoto, di civili, uccisi perché su qualcuno si dovrà pur sparare) ?


La risposta, come sempre, a piacere, e non riceverà alcuna valutazione.

martedì 29 maggio 2012

Damasco, il Mostro mediatico e la psicosi collettiva.






La prima cosa che verrebbe in mente da dire oggi a Giulio Terzi di Sant'Agata è: "Rimandi gli ambasciatori a Damasco, imbecille"

Perché è di oggi l'informazione anche un po' ridicola che Italia, Francia e Germania hanno ritirato gli ambasciatori da Damasco ed espulso gli ambasciatori siriani dai rispettivi territori nazionali. Ridicola perché la Gran Bretagna, che voleva partecipare alla cordata, non sapendo più chi ritirare dato che si erano già giocati l'ambasciatore qualche tempo fa ha ritirato l'addetto ai rapporti commerciali (che quindi dobbiamo suppore più importante dell'ambasciatore, ormai, nei corpi diplomatici internazionali).

Tutto questo per la strage di Houla, della quale oramai anche gli operatori ONU hanno dichiarato la scarsa credibilità del coinvolgimento del governo di Damasco, e questo già giorni fa.
I morti di Houla infatti non sono stati uccisi da bombardamenti, ma da esecuzioni sommarie, e da milizie senza contrassegni, a detta dei sopravvissuti.
Ma lontani dal rendere noto questo secondo comunicato, i nostri governi si sono basati sul primo, preliminare e quanto mai parziale comunicato che attribuiva la strage all'esercito regolare siriano.

Queste accuse si fondano su gente che avrebbe ripreso dei video di massacro (confusi) in cui riprendendo dei morti (che notoriamente non possono difendersi) li addita dicendo che quei morti sono colpa di Assad.
Chi ha fatto i video?
Non ci è dato saperlo.

Quello che ci è dato sapere è che qualche giorno fa la BBC per commuoverci e spronarci all'intervento in Siria ha fatto un grande errore (era un errore?) mandando online immagini degli scontri Iraqeni del 2003 e contrassegnandole come "immagini prova del massacro siriano".
Ora, dopo che il fotografo che scattò le immagini se n'è accorto e li ha denunciati sono tutti lì a chiedere "I'm sorry".
E se nessuno si fosse accorto della cosa?

Oramai basta l'immagine, e questo è orribile, per spingerci ad agire come tanti automi telecomandati. Chi è l'assassino di Brindisi? Un uomo in una telecamera, ci dicono, scatta la caccia all'uomo. Chi uccide persone in Siria? Assad, ci dicono, e scatta la nostra indignazione radiocomadata, anche se prima non sapevamo neanche dove fosse la Siria e chi fosse Assad. Come topini da esperimento che docili seguono il percorso obbligato di un labirinto fino ad arrivare al formaggio, mentre chi fa esperimenti su di noi si frega le mani soddisfatto. Un branco di moralisti e di persone che vogliono sentirsi migliori, come maiali o pirahna a cui gettare il malcapitato di turno per farne sparire il cadavere.
Basta. Questo siamo diventati, un branco di animali feroci al servizio di qualcuno?

Fingere di tentare un'azione diplomatica solo per dimostrare con un colpo di teatro e una presa di posizione unilaterale che nessun accordo è possibile è una cosa disgustosa.
Non siate complici di un altro intervento armato in qualche lontano stato di cui non sappiamo nulla. Se vorranno sporcarsi le mani, se le sporchino per bene loro, come hanno sempre fatto. Siate almeno neutrali.
Non dategli appoggio e approvazione come fossero dei liberatori.

I buoni non esistono.
Solo laide ragioni personali.

Questo ci dimostra la politica estera, ogni giorno.





martedì 22 maggio 2012

A me la libertà, non piace.




















I. Canzoni dei Liberi









A me la libertà non piace.
Non me ne piace l'idea e la dimensione, suggerita in questo tempo, che la libertà sia libera (questo commento dalle nostre parti non ha troppo senso, ma immaginatelo in inglese dove gratis e libero si dicono allo stesso modo "the idea that freedom is free"), in un mondo dove niente è gratuito, non possiamo immaginare che la libertà sia un dono.

Non mi piace che qualcuno mi regali la libertà, me la conceda, me la suggerisca, me la imponga, mi ci obblighi.
Siamo sempre più costretti ad essere liberi, e per costretti ad essere liberi intendo essere assoluti, totalmente privati da ogni tipo di legame, lanciati nella vita senza alcun cavo d'ancoraggio.
Con tutte le belle poesie che ci parlano della bellezza e della lirica del volo libero senza catene ci hanno preso per il culo e noi neanche ce ne siamo accorti.
Voliamo e vaghiamo, siamo vaghi e incerti, e abbiamo lasciato il campo e la terra liberi all'esercito ancora selvaggiamente irregimentato degli addetti al controllo della nostra libertà.
Siamo malati di una libertà assoluta. Si può fare tutto, lo si può fare adesso.
Sempre che tu ne abbia i fondi.
Abbiamo questa libertà di scegliere come spendere i soldi che guadagnamo in regime di schiavitù.
Abbiamo questa libertà d'essere carne da cannone per la difesa dei sacri interessi del controllore di turno, oramai neanche chiamati alle armi. Ci faranno esplodere in qualche piazza, senza troppo rumore.

A me la libertà non piace, così come è diventata il primo strumento di schiavitù, soppiantando tutti i rozzi strumenti della prima epoca di quei principianti degli uomini moderni.

Negli anni in cui era attiva la Capanna dello Zio Tom ancora qualcuno poteva sperarci di scappare dalla schiavitù. La libertà era un confine da attraversare, semplice come camminare da qui a lì, inseguiti dai cani.
Bastava essere veloci o furbi, per diventare liberi.
Esisteva la schiavitù per le strade, e il suo contrario.
Ma poi arrivò l'emancipazione, l'abolizione della servitù della gleba, il pensiero liberale, e poi quello liberista.
Tutti siamo diventati liberi e la schiavitù è sparita dalle nostre terre.
L'esistenza è stata concessa per la prima volta nella storia solo alla libertà.
E sono stati liberi i poveri schiavi, ma soprattutto sono stati liberi i loro padroni.
Liberi di sfruttare quel qualcuno che si trovavano di fronte senza neanche più l'obbligo di accudirlo e svezzarlo.
Non era più loro proprietà, un giornaliero salariato, non era più un loro problema.

Il mondo era in un momento in cui la capacità di rivoltarsi era ancora alta, e poi si aggiravano certi spettri per l'Europa (BOO! Haunted Red House) si doveva aspettare ancora molto perché questo volesse dire qualcosa.
Dovevano ancora convincerci a questa libertà unica, questa novità del mondo, il mondo dei liberi.
I nostri canti per decenni sono stati ancora canti di paura e di antichi tornei e faide.
Ma dopo che la guerra ci sconvolse (noi liberi, in una guerra di liberi, mentre liberamente le masse accedevano al potere scegliendo l'antichissimo rituale del cesarismo) era rimasta poca forza sul territorio per opporsi a una linea dominante di libertà.
Niente più privilegi, o signori locali, o vescovadi, o comunità.
La libertà, il libero scambio, la libera circolazione, il volo, ad ogni anno che passa, sempre più in alto, sempre più distaccato dalla pesantezza della terra.

Siamo liberi dalla terra. Dalla schiavitù dello svegliarsi all'alba per pensare al cibo.
La terra è pesante, ma la nostra libertà è intervenuta a toglierci dalle spalle questo fardello. La nostra perizia tecnica, il nostro libero genio.
Siamo liberi dalla terra, creature aeree, che possono decidere tutto di loro, dal colore del piumaggio alla larghezza del seno.

L'epoca dei giochi di ruolo online e della "creazione del personaggio".

Personaggio.
Questo potremmo dire anche di noi.
Che siamo dei bei personaggi, costruiti per piacere, liberi di essere piacevoli, perfetti, sorridenti, luminosi, vincenti.
E mai il contrario.

Cosa ci hanno concesso, o meglio, a cosa ci hanno obbligato? C'è in questa libertà uno spazio per dichiarare che questa libertà è credibile quanto la mia abilità di lanciare palle di fuoco e sciami di meteore dalle mani (incantesimi di alto livello).

Certo che posso dirlo. Come qualcuno può mettersi un orecchino e qualcun altro rimanere a letto fino alle dieci del mattino.
Una serie di libertà infinite con le quali confrontarci che spalmano la libertà su tutto e su tutti, lasciandoci liberi e indifesi.

Un obbligo, un vincolo, è materiale resistente, un intralcio nel camminare di tutti, anche e soprattutto tra i piedi di coloro che si battono per il potere.

Noi ne siamo privi, noi siamo liberi.

Ma non abbastanza forti per difendere la nostra libertà.

(Perché un uomo libero è un uomo che deve essere grande almeno quanto la sua vita, se non di più)

E allora cos'è questa libertà di scelta e questa libertà del corpo se non la catena invisibile di una dittatura impalpabile, che nel suo criminale gioco di razzie e parassitosi dei pochi controllori non è altro che l'anticamera di una dittatura reale, che saremo sempre noi a scegliere, fieri nella nostra libertà.

In fondo nel mondo latino di cui siamo discendenti il dittatore veniva sempre richiesto dal suo popolo, e noi non siamo diversi, siamo solo più dissennati e svincolati nella nostra ebbrezza di libertà, che quelli i dittatori se li tenevano un anno o due, noi li bramiamo per sempre, sempre, sempre.

L'epoca moderna accompagna la libertà alla nascita del controllo totale delle istituzioni sulle nostre menti.

Evoluzioni dell'inquisizione si impongono sottili e celate dietro tutte le nostre lotte emancipative.

Siamo liberi, e sotto controllo. Come detenuti durante l'ora d'aria.
Un'ora d'aria tremendamente lunga per farci dimenticare le mura e le guardie armate.
E il fatto che sia il direttore a decidere qualità e quantità del nostro rancio, e quante pietre spaccheremo.

Potete crederci o non crederci, essere d'accordo o contestare, inventare un pensiero risolutivo o un altro sistema di visuale. Non è forse il nostro dramma, essere liberi di fare tutto questo, finché non battiamo contro i muri della prigione?

Ma non stupitevi più se vengo a dirvi che la libertà non mi piace.
Questa libertà non mi piace.

Forse ne preferivo una migliore.









Questo fu molto tempo fa.










"Quando ero più giovane credevo che esistesse libertà."



































(Questo messaggio è solo un pugno. Un pugno non propone, un pugno non risolve. Un pugno vi colpisce sperando di rompervi la mascella.)












venerdì 18 maggio 2012

Terreria e isteore













"...Quando ho iniziato la mia attività, il dovere di rappresentare il nostro tempo era l’imperativo categorico d’ogni giovane scrittore.  Pieno di buona volontà, cercavo d’immedesimarmi nell’energia spietata che muove la storia del nostro secolo, nelle sue vicende collettive e individuali. Cercavo di cogliere una sintonia tra il movimentato spettacolo del mondo, ora drammatico ora grottesco, e il ritmo interiore picaresco e avventuroso che mi spingeva a scrivere. Presto mi sono accorto che tra i fatti della vita che avrebbero dovuto essere la mia materia prima e l’agilità scattante e tagliente che volevo animasse la mia scrittura c’era un divario che mi costava sempre più sforzo superare. Forse stavo scoprendo solo allora la pesantezza, l’inerzia, l’opacità del mondo: qualità che s’attaccano subito alla scrittura, se non si trova il modo di sfuggirle

In certi momenti mi sembrava che il mondo stesse diventando tutto di pietra: una lenta pietrificazione più o meno avanzata a seconda delle persone e dei luoghi, ma che non risparmiava nessun aspetto della vita. Era come se nessuno potesse sfuggire allo sguardo inesorabile della Medusa.
L’unico eroe capace di tagliare la testa della Medusa è Perseo, che vola coi sandali alati, Perseo che non rivolge il suo sguardo sul volto della Gorgone ma solo sulla sua immagine riflessa nello scudo di bronzo. Ecco che Perseo mi viene in soccorso anche in questo momento, mentre mi sentivo già catturare dalla morsa di pietra, come mi succede ogni volta che tento una rievocazione storico-autobiografica. Meglio lasciare che il mio discorso si componga con le immagini della mitologia. Per tagliare la testa di Medusa senza lasciarsi pietrificare, Perseo si sostiene su ciò che vi è di più leggero, i venti e le nuvole; e spinge il suo sguardo su ciò che può rivelarglisi solo in una visione indiretta, in un’immagine catturata da uno specchio. Subito sento la tentazione di trovare in questo mito un’allegoria del rapporto del poeta col mondo, una lezione del metodo da seguire scrivendo. Ma so che ogni interpretazione impoverisce il mito e lo soffoca: coi miti non bisogna aver fretta; è meglio lasciarli depositare nella memoria, fermarsi a meditare su ogni dettaglio, ragionarci sopra senza uscire dal loro linguaggio di immagini. La lezione che possiamo trarre da un mito sta nella letteralità del racconto, non in ciò che vi aggiungiamo noi dal di fuori.

Il rapporto tra Perseo e la Gorgone è complesso: non finisce con la decapitazione del mostro. Dal sangue della Medusa nasce un cavallo alato, Pegaso; la pesantezza della pietra può essere rovesciata nel suo contrario; con un colpo di zoccolo sul monte Elicona, Pegaso fa scaturire la fonte da cui bevono le Muse. In alcune versioni del mito, sarà Perseo a cavalcare il meraviglioso Pegaso caro alle Muse, nato dal sangue maledetto di Medusa. (Anche i sandali alati, d’altronde, provenivano dal mondo dei mostri: Perseo li aveva avuti dalle sorelle di Medusa, le Graie dall’unico occhio).

Quanto alla testa mozzata, Perseo non l’abbandona ma la porta con sé, nascosta in un sacco; quando i nemici stanno per sopraffarlo, basta che egli la mostri sollevandola per la chioma di serpenti, e quella spoglia sanguinosa diventa un’arma invincibile nella mano dell’eroe: un’arma che egli usa solo in casi estremi e solo contro chi merita il castigo di diventare la statua di se stesso. Qui certo il mito vuol dirmi qualcosa, qualcosa che è implicito nelle immagini e che non si può spiegare altrimenti . Perseo riesce a padroneggiare quel volto tremendo tendendolo nascosto, come prima l’aveva vinto guardandolo nello specchio. È sempre in un rifiuto della visione diretta che sta la forza di Perseo, ma non in un rifiuto della realtà del mondo di mostri in cui gli è toccato di vivere, una realtà che egli porta con sé, che assume come proprio fardello..."



(Italo Calvino - "Lezioni Americane: Sei proposte per il nuovo millennio"
I. Leggerezza)



Per chi vuole leggere, è un'ottima lettura.
(Tanto che qualcuno potrebbe lamentarsi, della mia inserzione.
Così è la vita signori, vi danno solo l'anteprima, poi vi lasciano ai film di terza serie).

Quello che avete appena letto tuttavia non è un testo a cui riferirsi, quanto più una notazione bruta di quello che sta passando sotto i miei occhi in questi giorni.
Non ho potuto fare a meno di abbandonarmi a un intervallo tra studi incrociati ed ansie sovrapposte.
Per non farlo scappare l'ho riempito di un libro, che per caso si è chiamato "Lezioni americane"

Ora nel confronto impari tra il maturo stile di uno scrittore maggiore (avete mai chiesto a qualcuno cosa ne pensa di Calvino? Io ho trovato sempre le risposte quantomai curiose. Vanno tutte sul genere: "Mah, un uomo tranquillo e simpatico, ma a volte proprio non mi piace") e la mia confusa raccolta post-modernista di idee (guardate già quanto è disordinato questo periodo, con tutte queste parentesi, peggiore della mia stanza da letto) dovrei cercare di rimettere in parole una riflessione intorno alla scrittura, che mi è necessaria per riuscire a comprendere tutto quel che volevo scrivere in questi giorni.

Non riesco neanche bene a capire da dove dovrei partire, se dall'incipit di Calvino o dai miei sentimenti ancora informi.
Probabilmente devo solo buttarmi al centro del discorso per sorprendervi.

Le righe iniziali, in particolar modo, di questo intervento, mi hanno infilato un dito nel costato e hanno cominciato a visitarlo dall'interno.

"...
Forse stavo scoprendo solo allora la pesantezza, l’inerzia, l’opacità del mondo: qualità che s’attaccano subito alla scrittura, se non si trova il modo di sfuggirle.
In certi momenti mi sembrava che il mondo stesse diventando tutto di pietra: una lenta pietrificazione più o meno avanzata a seconda delle persone e dei luoghi, ma che non risparmiava nessun aspetto della vita. Era come se nessuno potesse sfuggire allo sguardo inesorabile della Medusa..."






Ritornato in circolo all'improvviso il ricordo della mia insoddisfazione, che ritorna ciclica ogni volta che tento di scrivere per un tempo più lungo di un giorno, per un testo più lungo di tre pagine dattiloscritte.
Non c'è niente che mi lasci più snervato poi di quello stupido riportare che per settimane ho fatto di attualità mondana. Tutto parte dall'entusiasmo, dal bisogno, dalla voglia di lettura del mondo. Ma nel registro delle notizie e nello sgusciare insidioso dei giorni, piano piano in una scena degna dell'Ecclesiaste sento anche io la sensazione a cui ora posso dare il nome della pietrificazione.
Ed ora è come se tutto questo fosse più veloce e automatico, un mondo pieno di opinioni e di parlamenti, un mondo pieno di eventi noti, un mondo che corre e vola. Un mondo di rumore e raggiungimenti, un mondo pratico che ad ogni passo diventa più anziano e sclerotico.
Davanti alla nostra porta, chili e chili di merda impietrita in cui non si riesce quasi più a rimestare per cercarne il salvabile.
A un certo punto mi sento fermo di fronte a un oceano non di silenzio, ma di rumore massimo, che in teatro è dire lo stesso, ma con molto più fastidio per le orecchie e il cervello.
Se il silenzio si riempie con un solo rumore, il rumore totale di cosa ha bisogno?
Di un intenzione che lo sovrasti e lo annulli.
Ma il rumore totale è ormai così saturo in ogni canale (lento Moloch divoratutto) che quale intenzione si dovrebbe avere per annullarlo? Una differenza alla sua pesante mole, al suo pastoso avvinghiare e ributtare.

Ma se posso sognare sulle istanze di Calvino in merito alla leggerezza come salute dello scrittore (e non sono parole che lascerò cadere, tanto mi invitano allo sforzo) ho il timore a chiedermi se sarà sufficiente a sfuggire alla forza di gravità del pesantissimo mondo della comunicazione totale.
In fondo un Calvino al limite della sua vita, così come un Montale, potevano nutrire ancora una solida fiducia nella differenza e nella lettera, nonostante già Montale fosse sempre più aduso al pessimismo di quella che vedeva come "fanghiglia quotidiana" da cui era quasi impossibile estrapolare qualcosa di letterario.
Era lo scorcio degli anni '80.
Ancora esisteva qualche vuoto.
Ora è tutto così tremendamente pieno, di una cosa e del suo contrario.

Proposte per il nuovo millennio.
Magari serve comunque qualcosa, allenarsici, richiamare, ricordare.
Mi fa quantomeno piacere credere che la rivolta efficace parta dal ritorno a un allenamento del corpo ed uno della mente. A un tentativo di costruzione differente da un profitto immaginario di economia.
Se sia la persona adatta a dedicarsi a questo tipo di proposizioni neanche lo so.
Ora come ora per esempio, non so neanche più a chi mi sto rivolgendo, a me, al mio pubblico, alla mia coscienza in forma di grillo (AAAAAAH; GRILLO!) o al narratore onniscente, mezzo/onniscente che prende appunti.
Ma se c'è qualcosa a cui devo rinunciare da tempo è il mio spirito rinunciatario, di fermarmi e non fare tutto quello che mi appare enorme, imbattibile, inutile.
Convinzione nutrita da niente altro in fondo che l'idea dura a morire che possa esistere una vittoria, che possano esistere il bene superno e il male infimo in due squadre ben definite, e che l'idea che ho di vittoria possa essere quella più auspicabile e duratura.
Una piccola creaturina dai piedi pelosi che non lascia mai la sua casa comoda per paura della strada e per la convinzione che non ci sia niente oltre il giardino, la foresta e la palude.
Devo ribellarmi al torpore e mettermi in strada, per poi chiedermi ancora da dove sarò arrivato, come l'ho fatto, e quale strada si srotola dietro di me.

Passerò qualche entrata a scrivere solo cercando di seguire qualche consiglio di un vecchio.
Niente cronaca se è possibile. Se non la cronaca eterna e fresca di una umanità antica.

Per un po' mi dedicherò a questo.



Molto dopo, morirò.


(In mezzo, devo decidere)

mercoledì 16 maggio 2012

Prima di boicottare l'Ucraina, pensiamo a boicottare l'Italia





Si è fatto un gran parlare nelle settimane scorse di due eventi per cui dovremmo non partecipare ai giochi europei di calcio di Polonia-Ucraina in segno di protesta:


1)La mattanza dei cani messa in atto per eliminare i randagi prima dell'arrivo dei tifosi in Ucraina, per evitare che li assaltino.
2)La detenzione di Julija Tymošenko, la quale, arrestata per una faccenda di contratti di fornitura illegalmente stipulati con la Russia che hanno portato per l'accusa a centinaia di milioni di dollari di passivo per l'Ucraina, è stata già condannata a sette anni di reclusione, condanna a cui può ancora appellarsi.
Tuttavia, ci dicono (e il "ci dicono" è d'obbilgo) che dovremmo essere indignati perché la  Tymošenko è stata ricoverata in ospedale con forti dolori all'addome perché, ci dicono, che la brutale polizia ucraina guidata dai nemici politici della  Tymošenko la sta malmenando e maltrattando in carcere, violando i famosi diritti civili.

Al di là di ogni discussione su quanto queste due notizie possano essere vere, verificate e comprovate, in un mondo come quello del giornalismo in cui gli esteri sono sempre una bella favola di eroi e di cattivoni raccontata da qualche inviato connivente da una o dall'altra parte, vorrei soffermarmi su un altro punto.
Prendiamo se volete per un attimo per buone assolutamente le notizie provenienti da Kiev.

Ci dicono che dovremmo essere indignati perché l'Ucraina viola i diritti umani, e che per questo dovremmo boicottarla.
La mia domanda è allora, quando iniziamo a boicottare l'Italia?
Per quanto io sia vagamente pazzo, questo collegamento non è sorto oggi per caso, non è totalmente campato in aria.
L'Italia dovremmo boicottarla davvero, per convincersene basta aprire oggi "Il Manifesto" (tristemente a rischio chiusura) e leggere, nelle notizie nazionali:






http://www.ilmanifesto.it/attualita/notizie/mricN/7407/


"Una ragazza di 32 anni, ucraina, si è suicidata il 16 aprile in un commissariato. Le indagini hanno scoperto che l'ufficio del dirigente era un altare al duce. Ore è indagato. Alle 17 manifestazione.

Sta assumendo aspetti più che inquietanti, anzi decisamente preoccupanti, la vicenda della morte di una giovane ucraina, Alina Bonar Diachuk. Alina, 32 anni, si è suicidata infilando il collo dentro un cappio che aveva appeso al termosifone della cella in cui era stata rinchiusa due giorni prima, nel commissariato di villa Opicina, a Trieste.

All'inizio la storia sembrava doversi risolvere in un triste caso di suicidio. Ma presto - anche grazie all'impegno dei giornali locali e dei mediattivisti - hanno cominciato ad emergere particolari poco chiari. Il primo: Alina non doveva essere lì. La ragazza, accusata di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, era stata scarcerata il 14 aprile dopo aver patteggiato. Che ci faceva allora, due giorni dopo, in una cella del commissariato? E che cosa era accaduto in quelle 48 ore? La ragazza dopo la sentenza era stata prelevata da una pattuglia della polizia, guidata da Carlo Baffi, capo dell'ufficio immigrazione e vicequestore. Secondo quanto ricostruito finora avrebbe dovuto essere trasferita nel Cie di Bologna. Fatto sta che dopo 48 ore era ancora a villa Opicina. Sulla stanza in cui era rinchiusa "vegliava" fissa una telecamera di sorveglianza. A quanto pare la ragazza dopo essersi stretta il cappio al collo, formato con il cordoncino della sua felpa, ha avuto un'agonia di 40 minuti: più di mezz'ora in cui nessuno ha dato uno sguardo alla telecamera. Cosa piuttosto grave, visto che la ragazza aveva già tentato il suicidio in carcere.

Da lì sono partite le indagini, condotte dal pubblico ministero Massimo De Bortoli con l'ausilio della polizia. Ed è stato subito chiaro che in quel Commissariato c'era qualcosa che non andava. Tanto che ora Baffi è indagato per omicidio colposo e sequestro di persona.

Le perquisizioni nell'ufficio di Baffi hanno portato alla luce una realtà spaventosa: non solo altri fascicoli riguardanti immigrati che si sono sospetta erano stati detenuti nel tempo dentro al commissariato senza alcuna copertura giudiziaria. Ma un cartello con su scritto "ufficio epurazione" - invece di ufficio immigrazione - con sopra la foto di Mussolini.

Insomma, l'ufficio della questura era un vero "altarino" alla ideologia fascista. E di lì dovevano passare gli immigrati. Chissà se Alina sapeva dove era finita.

Lo stesso materiale è stato trovato anche a casa di Baffi. Incredibilmente, di fronte a questi dati di fatto che certo non rendono onore al dirigente di una questura, l'Associazione nazionale funzionari di polizia ha espresso "solidarietà" a Baffi. E ha invitato la stampa a non associarlo all'estrema destra, visto che a casa sua è stato trovato anche materiale di "estrema sinistra". Probabilmente l'Associazione si riferisce al fatto che oltre a vari testi antisemiti (come i "classici" "Mein Kampf" e "La Difesa della razza") è stato trovato anche il libro di Karl Marx "La questione ebraica". Insomma, materiale di estrema sinistra...

Il procuratore capo della Procura di Trieste Michele Dalla Costa ha detto di voler andare fino in fondo, anche sulla questione degli stranieri detenuti illegalmente - senza un provvedimento amministrativo o penale - nelle stanze del commissariato. A quanto pare "sarebbero decine i casi riscontrati nello scorso mese di aprile", ha detto al quotidiano Il Piccolo di Trieste Dalla Costa.

La vicenda si inserisce in un clima più generale, che ha già messo in allarme la comunità ebraica della città. Come il fatto che solo pochi giorni fa Paolo Polidori, consigliere regionale della Lega, durante il congresso del Carroccio aveva pronunciato un intervento smaccatamente antisemita: "La crisi - ha detto - è determinata dal potere finanziario mondiale, che è in mano a un sistema giudaico-massone".

"Sono allibito e furibondo allo stesso tempo - commenta Roberto Antonaz, consigliere regionale di Rifondazione - perché i diritti delle persone vengono violati dagli alti dirigenti: Baffi è vicequestore. Il numero due della questura. Serve un'inchiesta che porti al totale rinnovamento della questura triestina. Perché dubito che l'orientamento del vicequestore non fosse noto a chi lavorava con lui". Il gruppo di Rifondazione ha presentato un'interrogazione in regione sulla vicenda.

Stasera alle 17 è stata organizzata una manifestazione in piazza della Borsa, promossa da Occupy Trieste, Arci, Casa delle Culture e Unione degli studenti a cui hanno adertio anche Rifondazione e Sel."



Gli ucraini sono più in pericolo in Ucraina o in Italia?
Non dovremmo forse iniziare da noi stessi, il boicottaggio, visto gli enormi campioni di democrazia e diritti civili che siamo?

Andiamo a togliere la cara e vecchia paglia nell'occhio altrui, e non ci occupiamo della cara e vecchia trave che ci perfora il cranio.

Prima di armarvi e partire per salvare l'Ucraina (magari con qualche bel bombardamento a tappeto, come solo noi sappiamo fare), cari tondi figuri democratici, sempre pacifici, sempre precisi, mai troppo adirati, perché non pensate anche a salvare un po' l'Italia?







martedì 15 maggio 2012

Tornare a Venezia





Già.

A costo di aprirmi le vene.




Non ho niente da dire oggi, se non questo.


È quello che ho fatto tutto il giorno.














lunedì 14 maggio 2012

Città del Vaticano: La gran prostituta







Tralasciando il crollo fisico che ho avuto per qualche ora al fine di recuperare le forze, sono appena tornato dalle mie visite Vaticane (Musei, Basilica di San Pietro).

Sono arrivato, come promesso ieri in lungo e in largo con l'intento di portare la mia invasione all'interno delle mura papaline, come ieri siamo stati invasi silentemente dagli eserciti pontifici noi, e anche dai loro mercenari.

Il problema è che quando sono arrivato dentro le mura, ho trovato l'invasione già in atto, le profanazioni già in corso.

Oggi queste profanazioni, questi bivacchi di stranieri, li chiamano "Ingressi al Museo" e seguono precise strategie d'azione. Si inizia in una fila lungo i bastioni del Michelangelo dove tutti gli invasori aspettano diligentemente il loro turno di saccheggio, e su e giù, figure di mercanti arrivano a frotte, pronte a vendere diritti prioritari di prelazione che chiamano "visite guidate con ingresso privilegiato" per soli 35 Euro.

Chi sono questi invasori che si allisciano contro le mura, pronti al loro turno d'azione?
Così come chiamammo "Lanzichenecchi" in generale tutti gli autori del sacco di Roma a dispetto della nazione che li generò, questi li chiamiamo "Turisti" e se ne vengono da ogni luogo dell'orbe cristiano e anche da le terre degli indiani e dei saracini.

Cosa vogliono i Turisti? Vogliono entrare nelle ricche collezioni della nostra Roma antica e rapire a brano a brano li celebri pezzi che il Michelangelo e il Sanzio, il Giotto e Gentile da Fabriano, Fra Angelico e Tiziano Vecellio, Paolo Veronese o il Bernini, come Lionardo o Michelangelo da Caravaggio, o lo Correggio ed il Guercino, lasciarono come testimonianza dello loro sublime passaggio terrestre a questa vita.
Ma non disdegna il Turista neanche de l'antichità de Roma imperiale o delli Greci che si conserva entro quelle mura. Li piace anche lo etrusco o l'egizio, se ve ne trova.
Per lo Turista, come per ogni saccheggiatore, l'importante è la roba.

Mi trovavo pur preso da sentimenti di guerra in questa masnada senza fine, e d'improvviso mutai la mia mente per non confondermi a queste genti, e da invasore diventai cavaliero difensore sì, ma dei savi nomi e della culta antichità delle nostre genti.
E quanto ce n'era da salvare!

Per alto prezzo i mercanti facevano entrare dopo l'attesa i Turisti entro le mura di San Pietro.
15 de nostri euro. Avanti finché c'è posto, avanti fino a scoppiare.

Cominciai ad aggirarmi per le stanze, rallegrato dal vedere l'opere dei nostri massimi progenitori, ma quale tristezza assieme , miei amici!

Sorretti erano come di mercati della carne e lasciati lì in esposizione, quadri e torsi, statua a figura intera e vasche de sarcofago, icone de la vera fede e candelabria de antichità.
Camminavo schiacciato nella folla degli invasori e calpestavamo di tanto in tanto delli mosaici di Roma antica, che piangevo nel cuore a dover passare su questa belva o su quel mostro con lo mio piede.

Nei punti dove non erano sospinti dalla marea, li saccheggiatori si davano da fare.
Toccavano e ritoccavano le statue, rovinandole le soffocavano, ed io m'avvicinavo come moderno Don Chisciotte allo gregge rozzo delle pecore a scacciarle con lo viso truce e parlando le parole che sapevo de le loro lingue di lontano.

Era una lotta impari.
El turista tutto tocca, tutto annusa, tutto mangerebbe se potesse, anche lo marmolo.
Seduto sta su li bassorilievi, lascivo usura a furia di tocchi li piedi delle statue, profane o sacre, violenta ogni cosa come fosse sua e la lascia poi, bambino volubile, come fosse un gioco ormai obsoleto.
Ma soprattutto lo Turista fotografa.
Lo Turista che fotografa è el peggior esempio de la sua crapuloneria.

Arriva, mentre percorre i corridoi che portano alla divina opera de lo Sanzio e del Michelagniolo (che si chiamano "Stanze di Raffaello" e "Cappella Sistina" ) e camminando dietro ai suoi simili ogni tanto si ferma e fotografa, spesso nello buio, pezzi di soffitto dello '800 che li paiono antichi, angoli d'arazzo, pezzi d'affresco che gli riesce di fare, statue de' romani prese al tradimento, e tutto questo accumula e arrotola nella memoria della sua macchina di ripresa, perché un giorno lo possa tirare fuori tra la sua gente e mostrar a loro invidiosi le sue spoglie di pessime foto e pessimi ricordi, per la invidia e la passione di quelli miseri che lo ascoltano parlare.

Lo Turista è pessimo maggiormente nel farsi le foto in su le statue antiche danneggiate dallo tempo. Egli si mette lì a fare finta de rimetter con sue membra i pezzi che alle statue difettano. E le tocca, ci si arrampica, ci ride de sopra, come asino.

E in tutto questo i mercanti che gli hanno fornito l'accesso sicuro ridono contando i suoi soldi, e se vuole gli offron anche ristoro.
Per spiarli sono entrato in un ristorante che (orrore!) misero nel cortile della Pigna. Presi i loro menu, ma li chiusi subito quando lessi "litro uno di acqua, euro 4".
Questo è il dare da bere agli assetati?
I mercanti vendono tutto quel che possono, nelle mura del Vaticano.

A ogni passo vedi spuntare negozi di ricordi e "souvenirs". Nei corridoi pitti, nei cortili, all'inizio e alla fine, e nel mezzo, dovunque.
Audioguida, costo, 7 Euro.

Così li Turisti ruinano tutto, con all'orecchio le guide de quello che stanno ruinando, pagate carissime.

Tentai di scappare da tutto questo dopo avere visto li gruppi in quartiere nella stanza de la Segnatura e lo grande scempio nella Cappella Sistina.
Lunga fuga ho fatto e tutta segnata de orrori.
Fino alla fine, dove trovai bloccata la scala per scendere all'uscita de fuori, per costringere tutti a far lo giro lungo e a passare di fronte ai banchi dei venditori di stampe e ricordi.

Senza indugio nonostante la fatica che ebbi a lottar con i Turisti, decisi di raggiungere la Basilica Vaticana, dove poter trovare le radici d'una perduta cristianità.
Ma anche qui, quale tristezza amici miei.
La piazza del Bernini bloccata di qua e di là da alte transenne, e ancora i Turisti accalcati in fila lunga per ammassarsi allo ingresso.
In mezzo a loro mi feci strata, e stavo per entrare con lo capo coperto in segno di rispetto per lo santo luogo.
Quando un birro mi si pare di fronte e mi urla: "Nella Chiesa si entra a capo scoperto!".
Cosa?
Che cosa?
Dovrei entrare nella chiesa senza alcun copricapo? Come il più misero degli uomini, che non può permettersi neanche una pezza per coprir i suoi capelli?
Io vi ignoro, mio bel birro, che parlate con bocca doppia del vostro concilio di Trento che voleva tutti ridurci schiavi.

Io come un vero gentiluomo entro nella navata colla chioma pudicamente raccolta nel mio leggero copricapo de cotone.

Ma eccoli, li vedo che mi inseguono, che di gran carriera arrivano.
"Via il copricapo!"
"Perché?"
"Mi capisci, via il copricapo?"
"Io son italiano e la capisco benissimo, le sto chiedendo perché dovrei toglierlo."
"Ma come perché? In chiesa si entra da sempre a capo scoperto!"

Sempre? Sempre mio bel signore? Che diavolo ne sapete voi del sempre? Ottusi neanche vi chiedete il perché vi abbiano costretto a togliere il cappello, per simboleggiare la vostra schiavitù.
Ed ora io dovrei togliermi il copricapo?
Questo vi toglie il sonno?
E non i migliaia di Turisti che fate entrare nella Santa Basilica a toccare e lordare tutto quel che trovano?
Non vi turba che come usurai siate in tutte le porte a chiedere, a chiedere. Sette euro per la cupola. Sette euro per lo tesoro di Pietro. 4 Euro per un litro de acqua.

Non vi turba il fatto che i luoghi de preghiera che fingete di difendere siano penetrati ogni secondo da uomini pieni di macchine fotografiche che vi gabbano dicendo che andranno a pregare?
Non vi turbano questa marea che un giorno vi farà sprofondare nelle fiamme del vostro inferno?

Vi turba il mio copricapo.
Costretto con la forza, fieramente scopro la mia criniera, che mi sia testimone chiunque, furono questi mercanti a costringermi a mancare di rispetto al titolare di questa basilica.

Bloccato dal proseguire per qualche lunghissima funzione in latinorum di cardinali e prelati nella navata di centro, esco disfatto dalla Basilica Vaticana invasa.
Fuori, sotto la scalinata del Bernini, m'aspettano altri negozi de memorabilia e cazzate.
Mi accolgono sorridenti e compiaciuti i due compari, Giovanni Paolo e Benedetto.
Lì si vendono i loro libri, le loro foto piccanti, le loro statuine e le loro monete, e se volete anche le indulgenze plenarie.

Senza più forze corro vio, con la coda dell'occhio spio un qualche parroco de sud de america, con il suo codazzo di bambini da oratorio, vestiti di tutto punto, pronti alla corruzione.

Morti sono i Buonarroti, i Sanzio, i Della Porta. Morti i Vecellio e i Barbieri, i Carracci e i Merisi, i Botticelli e i Pippi.
Morti i Della Rovere, morti i Pamphilji (quasi), morti i Caetani e gli Orsini, morti i Barberini e Colonna ora è un nome da cuochi.

Seppure anche loro non siano stati santi, erano pur sempre uomini.
Ora che rimane se non una gran prostituta che si vende al mondo per lusingarlo e comandarlo?

Il presente è un mercato, anche per il Vaticano.
Preparano i soldi e la prepotenza per comprare le nostre anime a prezzi di svendita.
Non lasciateli passare.

Preparate la resistenza.







"...Ha tredici anni, il suo nome è Isotta 
andrà in sposa a un mostro. Salvala
ma come farò se tutti sono mostri
se il gioco ne vomita sulla strada
a milioni?"





Solo dopo aver finito tutto mi accorgo di non avere finali che possano sembrare anche vagamente lieti o speranzosi, per questo mio resoconto sciolto.

Ci ho provato sopra, ma non mi convinco molto.
Mi sento solo circondato da un gran senso di depressione e di paura.








(Anche sul video della canzone ormai c'è della pubblicità.
La lascio così, perché faccia male)

domenica 13 maggio 2012

Il giorno in cui incontrai la Marcia dei Papisti.




Da due giorni, per chi non lo sapesse, mi sono messo di buona lena a visitare i luoghi della Roma moderna, in vista del mio esame di Storia dell'Arte intorno al periodo.

L'epoca moderna è per definizione un'epoca abbastanza strana, dalla quale pretendiamo di trarre buona parte della nostra eredità democratica e libertaria, che pure ha posto le basi per un più spietato controllo sulle vite degli altri, affinando mezzi di controllo e collettivizzazione del potere, ormai non più basato su episodiche  prove di forza di un primus inter pares, ma sull'azione repressiva e coerente di uno Stato assoluto.

Come mi faceva notare qualcuno ieri, antico adagio, quello che ci nutre, ci distrugge.
Quello che ci ha nutrito, ci ha anche assalito.

Ma non è di ponderose riflessioni filosofiche post-strutturalistiche che voglio parlare oggi.
Prendendo per buono quello che ho introdotto, dovremmo almeno essere grati di una cosa allo scorrere dell'età moderna. Il fatto di averci liberato dall'ossessiva coercizione di una fede come quella cattolica controriformata, che ha ambito in tutti gli anni della sua esistenza a tenere sotto scacco l'anima e il corpo dell'uomo, in una inquisizione continua e in un timore che ogni cosa potesse essere offesa al divino.

Specie l'Italia ha sofferto di questa spaventosa creazione di un senso di colpa allo stesso tempo individuale e totale, e che ha formato anche per secoli la logica dei nostri pensieri, portandoci a buona parte delle nostre nevrosi collettive, meschinità, ed anche a numerose mancanze.

Tutto finito ora? Siamo liberi?

Per chi ha letto PPP e per chi non l'ha letto appare un suggerimento ovvio che la Chiesa ha perso il suo conflitto millenario per raggiungere il potere già negli anni '60, in favore d'una nuova fede dell'uomo consumatore, poco incline a seguire i dettami della religione, molto più quelli dell'edonismo.
Questo ha posto la parola fine, sebbene si fosse ancora ben lontani, dalla libertà.
Si è stati sempre liberi di consumare e divorare, forsennati.
E questa che libertà sarebbe?

Ma ora che alle nostre porte ci sono di nuovo immagini di rovina, e che cade tutta quella crassa fede nel progresso e nel consumo, c'è bisogno di qualcosa di nuovo.
Uno si aspetterebbe un salto verso l'ignoto, e invece...

Mi trovavo dunque ad essere appena uscito dalla Galleria Corsini e dalla Villa Farnesina. Camminavo per il Ponte con in mente di entrare a visitare anche la Chiesa Nuova dei Filippini, dato che era di strada verso l'autobus per Piazza Venezia.
Arrivato di fronte alla chiesa trovo la strada sgombra e già piena di Carabinieri e vigili.
I miei sensi fiutano il pericolo.
Ieri ero ben consapevole di cosa stava per succedere.
Decisi di non chiedere niente agli agenti.
Entro deciso nella Chiesa Nuova, e la visito per i miei affari durante la messa (la mattina di domenica ne dicono tre di fila), sono abbastanza cortese nel non far rumore, al mio collo invece, la tracolla cigola come le catene dell'inferno.
Tentando inutilmente di farmi aprire l'oratorio, da un signore visibilmente scocciato che sia stato statalizzato ai tempi del Regno d'Italia (mi guarda male, che abbia capito?), capisco che non è possibile di Domenica vedere altro che la chiesa.
Esco, mentre qualcuno si mette a salmodiare.
E fuori?








Fuori, eccola!
La famigerata "Marcia per la Vita"
Anzi, meglio!
Becco subito la Militia Christi.

Sono incerto sul da farsi.
Se buttarmi in mezzo a loro imprecando.
Se passare direttamente alla bestemmia sportiva.
Se tentare di strappargli via almeno quei bambini che si trascinano miseramente dietro.
Se tentare di convincerli ad abbandonare il loro insano tentativo di rimettere il Papa a capo delle nostre teste, e i pii Gesuiti con lui.

Potrei girarmi e urlare: "Feticisti del corpo! Pervertiti!"
Ne ho la voglia, guardando le loro bandiere. Feti con le alucce da angelo. Icone di "Mi piace" da Facebook con accanto frasi colloidali sulla difesa della vita ad ogni costo.
Il "Popolo della Vita" che fa tanto Marcellino, Pane e vino.
Da qualche parte, anche se non la vedo, c'è Forza Nuova, da qualche parte i Democratici Cattolici del PD Opus Dei.
Li guardo e ho voglia di accendermi e bruciare in mezzo a loro, ma.

Ora li ascolto.
Cosa fanno? Cosa dicono?
Sento un ritmo da stadio, di quelli che servono per dire: "Un capitano, c'è solo un capitano!"
Ma cosa ci stanno cantando sopra?
Inni in latino? Salmi?
Ma che diavolo state facendo?
È questo il vostro richiamo alla tradizione? La gioventù del Papa nazi che fa i coretti da stadio con i salmi. Perché loro sò ciofani. E poi?

Qualcuno si mette a scandire. Benedetto. Benedetto. Benedetto. Benedetto.
Difesa della vita?
Che difesa della vita è inneggiare al capo di uno stato straniero in territorio italiano?
Oggi gioco al repubblicano, e ve lo chiedo.
Che c'entra benedetto? Cosa ci siete venuti a portare, istanze contra aborto o fate solo da quinta colonna a un esercito straniero fingendo che vi importi qualcosa di madri e bambine?

Poi mi metto a guardarli, in faccia. Ci sono più polacchi che italiani in giro, dei veri ultras, ma non nobili come uno Jan Sobieski dei ricordi. C'è gente pettinata male e con il riguardo dei seminaristi. Anziani in libera uscita con tutto il gruppo parrocchia Bambini trascinati coi cappellini da Azione Cattolica. Ma poi, ma poi, cos'altro, se non gente annoiata e abbronzata con occhiali da sole e smartphones, a reggere i metri quadri di striscione con poca voglia, metà pitoni della borghesia romana, metà con la faccia dei mercenari pagati (come stanno scoprendo in queste ore alcuni cronisti senza collusioni).

Allora mi fermo a ricontarli. Sono una miseria, in fondo, questi miliziani della domenica. La strada è vuota e potrei ballarci nudo in mezzo, e forse dovrei farlo.







Forse dovrebbe essere la nuda fisicità del mio corpo a bloccare questo esercito straniero.
Perché loro sono una miseria che si fa grossa con l'utilizzo delle bandiere e degli striscioni, così che le telecamere, da lontano, da fuori, li facciano sembrare tanti, mentre si celano tra le lenzuola.







Ma sono disperatamente pochi. Con amici influenti, che li faranno risuonare, loro e il loro inganno.
I loro generali che già prevedevano di dover prezzolare la vittoria. Sicuri e bonari. Hanno fiutato la crisi, loro che si nutrono di paura della morte, e sanno di dover apparire ora, per suggestionare qualche anima persa.
Sperano i Generali - Cardinali di poter tornare a influenzare la nostra vita, parlando ogni giorno di cosa dovrebbe fare il governo, mandandoci le loro quinte colonne tra le piazze.
Chi vorrebbe il vostro ritorno, eminenza, eccellenza, grand. test. di ca. ?

Il dominio del nostro corpo e della nostra mente sono cose irrinunciabili per quel piatto di lenticchie di miserere ed estreme unzioni che offrite, ed è inutile che disperati tentate di riaffondare le unghie in quello che state perdendo, ad onta dei vostri sforzi sovraumani quotidiani per addormentare ogni critica con politici conniventi.
La misura è colma. Noi vogliamo qualcosa di meglio, non un ritorno ad uno stato di colpa tremendo elaborato nel cinquecento per tenerci al ferro e alla catena.
Siamo disperati, ma dignitosi.
Tenetevele, le vostre rivendicazioni sui corpi e sulle menti, per le vostre quinte colonne inaridite dall'edonismo di questo tempo aggiunto al bigottismo di maniera con cui si piegano sotto di voi per quieto e perbene conformismo.

Noi siamo oltre, noi vogliamo oltre.

Vi ho visti, disperdervi appena arrivati al Castel Sant'Angelo (che scelta infelice, un luogo di tortura, per finire, di tortura papalina), consci che la farsa era finita, riprendere gli autobus.
Perché anche io aspettavo quegli autobus, che voi m'avete bloccato andandovene in giro a inneggiare al vostro Benedetto, e sono ripartiti solo dopo.
Per fortuna me ne sono andato prima che poteste invadere in massa i mezzi.
Sono salito ed ero attorniato da gente, non prepotente, gente che era lì a vivere.

Seduta proprio di fronte a me, sul sedile del corridoio, una donna musulmana in viaggio con la figlia e il marito, ad occhi chiusi riposava.
Il suo viso sereno ed i suoi tratti gentili, coperti dal velo, avevano la bellezza di una Vergine rinascimentale.
Suo marito sorridendo mi chiede in un inglese approssimativo se stiamo per arrivare al Vittoriano.
Sì, gli dico, questa è la via.
Lì scendo anche io, seguitemi.

Mi salutano alla fermata prima di andare via, come fossi un caro amico che parte.

Magari nella realtà sono dei biechi reazionari, chissà.
Ma si vive anche per immagini.
Ed oggi voi eravate fogna, e loro candida luce.

Una luce che avete perso, e vi muovete nel fango, bigotti, a cercarla.
Vorrestre trovarla nelle nostre cavità uterine. Nel dominio delle nostre gonadi.

Lasciate perdere.
Lasciateci in pace.

Qui *si tocca il corpo* non c'è affare che vi possa riguardare.

sabato 12 maggio 2012

Il PD in marcia! In "Marcia su Roma"


"Oh ragassi, ma siam passi?"




Uno pensa di averle viste tutte a un certo punto.
Deputati PD in favore del fatto che la Chiesa Cattolica non paghi un euro di ICI sulle attività commerciali.
Deputati PD che ti votano contro le unioni di fatto.
Deputati PD che danno il loro negativo no a tutte le possibili anticoncezioni femminili, senza imbroccare una motivazione che sembri lontanamente valida (di solito si riduce sempre a "l'ha detto il Papa e le nostre radici cattoliche" )
Deputati PD che se la ridacchiano coi palazzinari.
Deputati PD che hanno le barche, i baffi e sono intelligenti.
Deputati PD che si incazzano se li chiami compagni, che non si può più dire.
Deputati PD che si scandalizzano se altri PD sono trans, lesbo, gay e gli buttano merda addosso più degli altri.
Deputati PD che a furia di dialogare dialogare, si è fatto tardi e non possono più fare un casso per risolvere nulla.
Deputati PD che dicono che vanno in Africa e invece stanno ancora qua a dire che vanno al governo.
Deputati PD che : "Lavoratori? *pernacchione ultrasonico* "


Uno pensa di averle viste tutte.
Poi apre l'Internet e legge:


"Ieri mattina, al Senato, si è tenuta la conferenza stampa di presentazione della marcia contro l’aborto, organizzata dai neofascisti di Forza Nuova, da Militia Christi e da altre organizzazioni, che si terrà domani a Roma. Tante le presenze importanti, da Gasparri a Magdi (Cristiano)Allam passando per il sindaco della capitale, Gianni Alemanno, che per l’occasione ha messo a disposizione 200 bus cittadini, pagati da noi, per sponsorizzare l’iniziativa. Il Pd ha subito bollato la manifestazione come “integralista e omofoba”. Peccato che alla marcia sarà convintamente presente anche Maria Pia Garavaglia, senatrice del Pd che ieri ha partecipato entusiasticamente alla conferenza stampa al Senato. Ma questa, il Pd, dove l’ha pescata?"



E non sa se tirare la Madonna giù a madonne, oppure rimanere in silenzio, un po' come quella bambina che il padre picchiava regolarmente ogni giorno per insegnarle che il mondo è cattivo.
La picchiava se emetteva suono. La picchiava se si muoveva.
L'hanno trovata a dodici anni che si muoveva a stento, pesava quaranta chili e non parlava.
Uno, l'ennesima volta, può sentirsi anche così.
Come se ti avessero picchiato continuativamente per dodici anni ad ogni evento.







Ve lo dico io, chi è Maria Pia Gravaglia. Prima del PD la signora militava nella Margherita, e prima ancora, naturalmente, nella Democrazia Cristiana.
Come poteva dunque mancare a una kermesse montata su dagli "amanti della vita" che gravitano intorno alla nostra sempre beneamata Chiesa Cattolica.
Ma il problema non è neanche questo, cara Gravaglia, il PD ha detto mille volte che il dialogo interno, bla bla bla, permette ai suoi deputati, bla bla bla, di scegliere la linea che preferiscono, bla bla bla.
Il problema è che poi il tuo segretario pensa che noi dovremmo affidare a lui il nostro voto. Al PD.
Di cui fai parte.
E che domani marcerà su Roma con le tue amichette Paola Binetti (l'eroina dell'Opus Dei, ma almeno lei ha avuto la decenza di andarsene dal PD )  e Olimpia Tarzia (per chi dei lettori non è del Lazio,  la donna che ha distrutto i consultori nella nostra regione anche per motivi "etici", favorendo però stranamente quelli privati), con Gianni Alemanno (non ho bisogno di dire nulla, credo) e con Cristiano Magdi-Allam (un tristissimo figuro che per via delle vicende della convivenza con il SUO Islam, si è convertito al cattolicesimo e ora spara merda come un vero crociato sulla sua antica religione. Un eroe per tutti i bravi cattolici del nostro paese. Un mercenario ridicolo e ignorante, per quanto mi riguarda.), con Maurizio Gasparri (MUAHAHAHAHAHAHHAHAHAHAHAHHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHA), marcerà il PD con questa gente, attraverso la tua presenza.

Ma soprattutto, domani, cara Maria Pia, farai marciare il PD con Militia Christi e Forza Nuova.
Del primo, che dire? Un movimento di nostalgici papisti a metà tra Gesuiti e movimentisti del nuovo millennio.
Il nuovo volto pulito della Chiesa che nel programma politico ha l'eliminazione dei partiti, anche del tuo Maria Pia, e tu ci marci insieme (questo mi fa sospettare che le casacche siano già mischiate, e che tutti vogliate già dare il culetto a Gesù).

E poi Forza Nuova.
I fascisti, Maria Pia?
I fascisti.
Peggio.
I fascisti finanziati dal PDL.
I fascisti da operetta, quelli che fai un fischio e arrivano, quelli che le sedi gliele compra il PDL (vedi l'ultima operazione "Alemanno compra la sede di Casa Pound perché è un valore per la città").
Che fanno le manifestazioni futuriste e l'edilizia sociale, che coi soldi elemosinati dal PDL ci comprano il pane per comprarsi la gente disperata, e poi vanno in giro a picchiare e incendiare qualche omosessuale/straniero/barbone (a te la scelta).
E tu ci marci insieme.
E sei nel PD.
Vacca boia, ma a Bersani l'hai detto?



O è una tua festicciola privata con gli amici del club "Le radici cristiane dell'Europa", detto oltre oceano "Ku Klux Klan"? Avete anche i cappucci a punta e le vesti bianche?
Bianche come l'innocenza che mai avrete, dei corpi che tormentate come piattole.

Non ve ne frega niente dell'aborto. Ve ne frega del controllo dei corpi, che lo Stato vi ha fregato.




Domani quindi, signori e signori, PD e PDL marciano insieme a Militia Christi e Forza Nuova su Roma.
Mancano solo Giuliano Ferrara e la Madonna del Manganello.



E il PD sarebbe culo e camicia con i socialisti di Hollande.
E noi dovremmo votare PD.


Per fortuna che a quel paese adesso posso mandartici direttamente su Twitter, Bersani.






"Ciao, io una volta avevo l'Eskimo e mi lavavo poco.
Era prima che tu nascessi.
Ora Gesù è un amico con cui dialogare"

Romanzo Criminale: Er Kossiga




Quello che ci rimane è una foto a lievi toni di seppia.
Giorgiana Masi è stata uccisa il 12 maggio 1977 da un proiettile esploso chissà dove, chissà da chi, in piazza Giuseppe Gioacchino Belli.
Non era una particolare eroina.
Non fu mai niente, non lo era ancora stata.
Camminava per le strade di Roma durante un giorno d'inferno, di scontri terribili.
Non sono bastati 35 anni a scoprire chi sparò il colpo che la uccise.
Le piste puntano ad agenti della polizia in borghese che giravano armati nella folla dei manifestanti.
Questo ce lo confessò anche uno scocciato Kossiga in fin di vita, che allora era ministro dell'Interno. Prendendoci per il culo. Dicendoci che non ci avrebbe mai detto chi era stato a sparare. Non ce l'ha mai detto.
Nessuno ha mai voluto processare nessuno, qualcuno ha difeso a spada tratta qualcuno.
35 anni di adulterazione e di oblio.
Kossiga è morto.
Giorgiana Masi è morta.


La democrazia risulta, non pervenuta.



(Sopra, agente di polizia in borghese armato di una pistola del calibro che uccise Giorgiana. Questo in particolare non c'entra nulla, per chi non lo sapesse. È solo un esempio)

venerdì 11 maggio 2012

Vittorio Feltri, ignoto liberale









Il mondo è strano.
Passi un'intera vita a costruirti delle certezze che poi vengono demolite il giorno dopo dal più semplice degli eventi.
Forse per questo sarebbe sempre bene dubitare, soprattutto sulle cose positive di oggi (non è detto che lo siano domani).

Ma il senso di straniamento che ti danno quelle che da negative d'improvviso si abbandonano a qualcosa di cui hai poco o nulla da ridire, è quasi indescrivibile.

Vittorio Feltri nella parte della sua onorata carriera che ricordo ha scritto alcuni degli articoli più beceri del mondo giornalistico. Sempre ruvido e violento, imbevuto di una strana morale tra la millantata rivoluzione berlusconiana e una sua personalissima visione di rivoluzione.
Di certo era stato sempre ben distante da una visione liberale vera (seppure da quelle parti se ne parli assiduamente, di questa rivoluzione "liberale" mai esistita).

Dunque, il mio pensiero più maligno è che nel suo ultimo articolo la Mondadori gli abbia chiesto di sponsorizzare il libro. Sono quelle spiegazioni semplici che cerca la mente per non spaziare troppo.
Ma anche se fosse, è ben strano il Vittorio Feltri che presenta il libro di Anna Paola Concia "La storia dei miei capelli bianchi", una biografia della vita di una lesbica nell'Italia che è stata e che è tuttora, tra i primi innamoramenti e le lotte per l'affermazione del diritto.
Di certo un libro interessante, che forse mi premurerò anche di leggere rassegnandomi alla Mondadori (i libri non hanno colpa Francesco, fai finta che sia così), ma che Vittorio Feltri ne scrivesse un articolo condivisibile e aperto, questo era imprevedibile.

A leggerlo pare quasi di interrogare qualcuno delle associazioni di parenti e amici del mondo lgbt, un po' ingessato e ancora poco avvezzo a trattare l'argomento senza imbarazzi, ma pieno di voglia di predicare agli altri il diritto all'esistenza dell'amore omosessuale.

Cosa è successo? Una studiata posa pro Mondadori o sta risorgendo anche in questo vecchio editorialista uno spirito seppellito per anni?

Il Feltri giovane e agguerrito che sfidava il potere spesso, forse davvero liberale, ritorna dopo il tramonto del Silvio nazionale?

Se la seconda opzione si prendesse come buona, quali sorprese ci riserverebbe la totale uscita di scena del Berlusconi, oggi ancora in bilico sulla porta?

Qui al crollo di un impero si rivolta tutto.
Attenzione alle cose più impensabili.

Intanto leggetevi l'articolo.
(E nei commenti, notate quanto sembra ormai distante anni luce, Vittorio Feltri dai suoi lettori)



http://www.ilgiornale.it/interni/amore_e_famevalgono_tuttianche_gay/10-05-2012/articolo-id=587210-page=0-comments=1

La mezza giornata di Napoli



Il ventre oscuro dell'Italia è la mia città.
Napoli.
Da apolide informale a stento ho il diritto di evocare una qualsivoglia familiarità.
Ma ci sono di quelle cose che non hanno bisogno che tu non sia uscito mai dalle mura per colpirti comunque.
Io dalle mura ci sono uscito presto, dalla baia, dal mare.
Sono nato il 4 Marzo 1990 a Napoli, in una clinica del centro, registrato al municipio di Via Chiaia.
Un secondo dopo ero già a Brusciano, paese di mio padre, lontano dalla città.

Ma per quanto tu possa ricordare poco, non è mai secondario.
A Napoli ci sono nato ventidue anni fa.
Ci posso tornare solo da turista, ogni tanto.
Quasi un figuro da canzone di Federico Salvatore (di quelle pensose e drammatiche).

Presa a frammenti, a fotogrammi, la città non migliora.
La vedi rovinare sempre più, un cornicione per volta, una macchia in più sui muri.
A tratti sempre più soffocante.
Non ci sono ancora tornato da quando è sindaco De Magistris, il mio tempo si è accorciato e si è distorto.
Vorrei vederla, certo, ma ho poca speranza.

Non perché diffidi particolarmente del Luigi.
Ma perché diffido severamente della situazione dell'Italia.
Di cui Napoli è il ventre oscuro.

Un milione di abitanti lanciato nella vita con poca speranza.
Man mano che scendiamo la china, Napoli sta già scavando.

Prendi un giorno qualunque.
Prendi oggi:

http://napoli.repubblica.it/cronaca/2012/05/11/news/napoli_protesta_davanti_a_equitalia_lanci_di_vernice_scontri_con_polizia-34903893/

"La polizia ha caricato manifestanti anti-Equitalia che stavano presidiando la sede di Corso Meridionale a Napoli. Contro gli uffici dell'agenzia erano state lanciate uova piene di vernice rossa ed esplosi due petardi. Poi, bottiglie e sassi sono partiti contro gli agenti del Reparto Mobile schierati davanti gli uffici. La polizia ha risposto caricando i manifestanti e lanciando alcuni lacrimogeni. Almeno uno dei manifestanti è rimasto ferito nel corpo a corpo.

La manifestazione è organizzata da ambienti dei centri sociali, riuniti nella sigla "Realtà di movimento napoletane contro Equitalia". Dopo i sette suicidi registrati in Campania a causa della crisi, circa 200 persone si sono date appuntamento in corso Meridionale. Un pullman è stato messo di traverso per bloccare il traffico sull'arteria.

Uno striscione, affisso al muro davanti all'ingresso principale della sede, recita: "Chiudere Equitalia subito". Manifesti, "Fermiamoli, ora basta!", "Pignoriamo Equitalia", tappezzano le facciate dei palazzi vicini. I manifestanti hanno trascinato cassonetti al centro della strada urlando "Assassini".

Tra le richieste avanzate, quella di chiudere gli uffici di Equitalia oggi per rispetto di chi si è suicidato. Proprio ieri un piccolo imprenditore di Vico Equense si è tolto la vita nel parcheggio del santuario di Pompei dopo aver lasciato una lettera di accuse contro l'agenzia di riscossione.


Dopo gli incidenti l'agenzia è stata chiusa, ed è protetta da quattro blindati della polizia. E' stato riaperto
al traffico il Corso Meridionale rimuovendo i contenitori della Nettezza urbana collocati dai manifestanti. La tensione resta forte e un elicottero della polizia sta sorvolando la zona per controllare gli spostamenti dei manifestanti, che a gruppi si sono spostati in alcune strade vicine.

Secondo i promotori della protesta, gli incidenti sarebbero scoppiati proprio per il rifiuto dei responsabili di Equitalia di chiudere gli uffici in segno di lutto." 




Proletariato è sempre una parola attuale, a Napoli.
E in questi anni non fa che diventare sempre più presente, per quanto la società dei consumi possa averci trasformato tutti in consumatori pieni di desideri, anzi, forse questo aggrava la situazione.
A Napoli non si ride già normalmente, con tutta la fatica che uno deve fare per riuscire a fare qualsiasi cosa. Anche nei giorni migliori, non si è riso troppo.
Figuratevi oggi, in recessione.
La quota dei disoccupati si avvicina pericolosamente a quella degli occupati.
E anche gli occupati, come lo sono, e a prezzo di quali soprusi?

Napoli è il ventre oscuro dell'italia, la Campania le sue morbide budella.
Man mano che passano i giorni diminuiscono le speranze.
Lo Stato chiede il prezzo dell'appartenenza. Qualcuno non può pagare.
Qualcuno non regge la pressione.
Non siamo stati mai troppo attenti all'onore, come i giapponesi.
Il problema è che qui siamo oltre l'onore. Siamo alla più cieca depressione.
Forse è un caso, l'alta densità di suicidi campani degli ultimi giorni?
Forse è il primo allarme di quanto sia indifeso il ventre della Campania.

La reazione esplosiva di oggi verrà derubricata come "la solita violenza di alcuni", si faranno grandi discorsi sull'istituto democratico, si difenderanno i servitori dello stato, si darà quietamente la colpa a qualcuno d'altro. Lo spread, la Germania, il precedente governo, la Cina, la Grecia. Prendetene uno.

Ma a furia di derubricare e di farsi coraggio si rischia di perdere di vista molte cose.
Napoli non è mai "solita", Napoli non è mai l'ultima, Napoli non è sporadica.
Quelli che oggi erano duecento, domani quanti saranno?
Man mano che avanza questa irata sensazione di peggioramento?

Mentre scrivo già nel Milanese qualcuno aggredisce due ispettori di Equitalia.
Questo non è qualcosa che si fermerà con un qualche proclama di unità nazionale e qualche derisione televisiva.

Non sarebbe il momento di rinegoziare tutti, ora, nel momento in cui siamo ancora tutti vivi, a parte qualche ferito?
Di tornare a parlare di economia in favore dei cittadini, e non di economia che si fa servire dai cittadini.
Prima che esploda Napoli, altro che Napolitano.


Napoli è il ventre oscuro di un Italia che sta meticolosamente eseguendo il rito del Seppuku.


giovedì 10 maggio 2012

Beppe Grillo e l'imperatore Palpatine












Dopo aver letto anche un buon articolo su Il Giornale riguardo alle trame attuali (il mondo è veramente sottosopra) vi  confesserò che nelle mie lunghe notti di insonnia ho ritrovato anche un articolo pubblicato su MicroMega che faceva magistralmente il punto della situazione già due anni fa.
Risponde parzialmente alla mia domanda : "Beppe Grillo chi è?", ma soprattutto ci rende molto chiaro chi sia in realtà Gianroberto Casaleggio, l'uomo che cura (e possiede) l'immagine del Movimento Cinque Stelle e che si occupava anche della carriera politica di Antonio "Tonino" Di Pietro.
Insomma, partiamo già bene, con il guru dell'uomo che deve distruggere i vecchi partiti che allo stesso tempo era mentore di uno degli esponenti di quei partiti stessi.
Magari il problema fosse solo quello.
Il problema è che il profilo di Gianroberto Casaleggio sembra quasi quello di Ernesto Stavro Blofeld (per chi non lo sapesse, il supercattivo storico della saga di James Bond)
Se per assurdo fosse un filantropo spinto dalle migliori intenzioni, per quale motivo dovremmo in ogni caso accettare il suo magistero (su cui si basano le strutture mediatiche dell' "Operazione Grillo e Cinque Stelle", di cui la Casaleggio Associati è ingegnera e custode) nell'espressione del nostro pensiero politico?
Trovo già blog e forum in cui dopo una sommaria presa di coscienza dell'esistenza di questa sovrastruttura i movimentisti, per non perdere smalto, liquidano la cosa come un fatto di poco conto, e il Gianroberto come uno di loro.
Pessimo errore, amici, capelli corti generale non è venuto in pace.
Vi lascio alle parole di Pietro Orsatti.
Per chi desideri vedere l'articolo in originale:

http://temi.repubblica.it/micromega-online/grillo-e-il-suo-spin-doctor-la-casaleggio-associati/






"
In pochi anni Beppe Grillo e il suo blog sono diventati un vero e proprio fenomeno della Rete, l’esperimento di maggior successo in Italia di un movimento nato e cresciuto sul web nel nome della democrazia digitale, dell’orizzontalità della comunicazione e della trasparenza. Ma dietro a questo risultato c’è una strategia ben pianificata. Anzi, ci sono un nome e un’azienda: Casaleggio Associati. Ecco di cosa si tratta.

di Pietro Orsatti, da MicroMega 5/2010

Per raccontare il successo di un progetto non si può evitare di parlare di chi lo ha ideato, palesemente o nell’ombra non importa. Parliamo della svolta mediatica e politica di Beppe Grillo. Vero e proprio fenomeno che da deriva post-televisiva oggi diventa movimento e oggetto politico 2.0, come ormai va di moda definire chi usa internet per la propria comunicazione. Chi è l’ideatore di questa svolta del comico genovese, trasformatosi da uomo di spettacolo a vero e proprio profeta della «democrazia digitale»? Un nome e un’azienda. Casaleggio Associati.

È la Casaleggio Associati a curare direttamente il blog di Grillo, la rete dei Meetup, la comunicazione esterna, la strategia del movimento sulla Rete. E non solo, è anche la casa editrice che cura tutte le pubblicazioni, in Rete e non, del comico genovese e anche parte dell’organizzazione dei suoi tour. Neanche Grillo fa mistero che il suo ritorno di visibilità e il grande impatto del movimento dei «grillini» sia dovuto in gran parte alla sinergia con questa azienda specializzata nella comunicazione e nel marketing digitale. Una strategia chiaramente esplicitata, quella della Casaleggio. «Le reti sono ovunque intorno a noi. Fino a qualche anno fa, le relazioni tra persone, oggetti ed eventi erano attribuite al caso. L’unico modo per ipotizzare il funzionamento dei sistemi complessi era attribuirne le ragioni ad avvenimenti casuali. La vita e l’evoluzione delle reti seguono invece leggi precise e la conoscenza di queste regole ci permette di utilizzare le reti a nostro vantaggio». Così viene presentato l’ultimo sforzo editoriale del gruppo «Tu sei Rete», bibbia del nuovo credo internettiano.

Per capire le origini del fenomeno Casaleggio, è necessario partire dalle fibrillazioni societarie di Telecom fra la fine degli anni Novanta e i primi anni Duemila. O meglio, è fondamentale analizzare le vicende di un’azienda del gruppo allora nelle mani di Tronchetti Provera e della Pirelli, la Webegg. Amministratore delegato della società è all’epoca Gianroberto Casaleggio. Non lasciamoci ingannare dal suo aspetto da nerd smanettone, dalla sua capigliatura da studente fuori corso della Berkeley University, Gianroberto è uno dei massimi esperti in Italia di web, reti sociali (social network), marketing elettronico. Ed è lui, insieme ad altri quattro dipendenti dell’azienda della galassia Telecom (Enrico Sassoon, Luca Eleuteri, il fratello Davide Casaleggio e Mario Bucchich) a fondare nel 2004 la Casaleggio Associati.

Ma torniamo al «prima». Di cosa si occupava la Webegg? La Webegg Spa nel 2002, anno del suo massimo sviluppo e in cui Gianroberto Casaleggio è l’uomo di vertice, risulta essere «un gruppo multidisciplinare per la consulenza delle aziende e della pubblica amministrazione in Rete», come si apprende dai documenti sul sito aziendale che indicano la sua mission. Anzi, si tratta in quel momento del gruppo leader nel settore. Reti interne ed esterne, efficienza aziendale, internet, capacità di penetrazione dei prodotti sul mercato attraverso il web marketing e, per le pubbliche amministrazioni, sistemi di efficienza mirati all’e-governance. Insomma un grande giro di affari potenziale, ma forse una società nata in troppo anticipo sui tempi e infatti ben presto oggetto di veloci cambi di mano.

La Webegg all’epoca è una società controllata al 69,8 per cento da I.T. Telecom Spa a sua volta controllata al 100 per cento da Telecom Italia. Poi, esattamente fra giugno e luglio 2004, I.T. Telecom Spa sottoscrive un contratto con un’altra azienda del settore in rapida ascesa, la Value Partners Spa, cui cede il pacchetto azionario detenuto in Webegg. Per ottenere la maggioranza di Webegg vengono sborsati 43 milioni di euro mentre il resto delle azioni, pari al 30,2 per cento, rimane nel portafoglio di un’altra azienda della galassia di società Telecom, la Finsiel. Tutto ciò viene riportato dalla stampa specializzata dell’epoca, come una delle operazioni di fusioni strategiche più importanti nel settore. Ma non ci si ferma qui. In seguito ad altre operazioni di fusioni e riassetti interni alla Value Partners, nasce Value Team, azienda leader nelle consulenze aziendali non solo in termini contenutistici ma anche della sicurezza digitale. Dopo questo vortice di fusioni e vendite il gruppo di dipendenti della Webegg che ruota attorno all’ormai ex amministratore delegato decide di dare vita al nuovo progetto della Casaleggio Associati. E portandosi dietro un pacchetto nutrito di rapporti, partnership e competenze. Quali?

Per capire di cosa stiamo parlando è necessario svelare prima chi sono le figure chiave della Casaleggio Associati oggi e della Webegg prima. Partendo da Enrico Sassoon, giornalista, dal 1977 al 2003 nel gruppo Il Sole-24 Ore, già direttore responsabile di L’Impresa-Rivista Italiana di Management, della rivista Impresa Ambiente e del settimanale Mondo Economico. Da suo curriculum pubblico apprendiamo anche che «è stato direttore scientifico del gruppo Il Sole-24 Ore». Nel 1998 Sassoon è amministratore delegato dell’American Chamber of Commerce in Italy, di fatto una lobby indirizzata a favorire i rapporti commerciali delle corporation americane in Italia e il cui presidente è tuttora il vice di Microsoft Italia, Umberto Paolucci. Proprio nel consiglio di amministrazione dell’American Chamber of Commerce in Italy si comprende quale sia uno dei fattori di successo nelle relazioni della Casaleggio Associati. Oltre a Paolucci compaiono nel 1998 altri personaggi di grande spessore. La lista pubblicata al momento della nomina di Sasson vedeva, fra gli altri: Gian Battista Merlo, presidente e amministratore delegato Exxon Mobil Mediterranea Srl; Gianmaria Donà dalle Rose, amministratore delegato Twentieth Century Fox Home Entertainment Italia; Massimiliano Magrini, country manager Google Italia; Luciano Martucci, presidente e amministratore delegato Ibm Italia Spa; Gina Nieri, consigliere di amministrazione Mediaset Spa; Maria Pierdicchi, direttore generale Standard & Poor’s; Massimo Ponzellini, presidente Impregilo Spa; Cristina Ravelli, country legal director The Walt Disney Co. Italia Spa; Dario Rinero, presidente e amministratore delegato Coca-Cola Hbc Italia Srl; Cesare Romiti, presidente onorario Rcs.

Oggi nell’American Chamber of Commerce in Italy troviamo altre figure di spicco come Gianluca Comin, dirigente Enel, e Giuseppe Cattaneo dell’Aspen Institute Italia, il prestigioso pensatoio, creatura di Gianni Letta, presieduto da Giulio Tremonti. E l’Aspen Institute pesa, ovunque agisca. Luogo di incontro fra intellettuali, economisti, politici, scienziati e imprese. Nell’Aspen transita l’élite italiana, che faccia riferimento al centro-destra o al centro-sinistra. Con quali finalità? «L’internazionalizzazione della leadership imprenditoriale, politica e culturale del paese attraverso un libero confronto tra idee e provenienze diverse per identificare e promuovere valori, conoscenze e interessi comuni», si legge nella mission dell’istituto. E in che modo? «Il “metodo Aspen” privilegia il confronto e il dibattito “a porte chiuse”, favorisce le relazioni interpersonali e consente un effettivo aggiornamento dei temi in discussione. Attorno al tavolo Aspen discutono leader del mondo industriale, economico, finanziario, politico, sociale e culturale in condizioni di assoluta riservatezza e di libertà espressiva».

È Sassoon, quindi, l’uomo delle relazioni al massimo livello della Casaleggio Associati. Siede ai vertici di organizzazioni d’élite, ha relazioni, opportunità di accedere alle giuste informazioni. L’uomo, giustamente, del business. E che fa capire quanto il gruppo Casaleggio Associati non sia affatto un collettivo di nerd smanettoni, ma uno dei pensatoi più accreditati per quanto riguarda le potenzialità di mercato della Rete nel nostro paese.

Il teorico e inventore del gruppo è invece Gianroberto Casaleggio. «È stato dirigente», si legge sul suo curriculum, «di aziende ad alto indirizzo tecnologico», e la sua principale attività, oltre a curare personalmente l’oggetto mediatico Grillo (e Di Pietro, oggi) è quella della pubblicistica. E anche Casaleggio ha una storia «aziendale» di rilievo, parallela anche se meno convenzionale a quella di Sassoon. Inizia infatti a farsi notare non in un laboratorio di qualche campus, ma nell’Olivetti di Roberto Colaninno, e qualche anno dopo diventa amministratore delegato di Webegg, come abbiamo già detto suo trampolino di lancio in seguito come guru nostrano della rivoluzione della Rete. La Webegg ha origine da una joint-venture tra Olivetti e Finsiel (della Telecom), ma nel 2002 l’azienda di Ivrea cede il suo 50 per cento alla Telecom. Intanto Casaleggio ha dato vita a un’altra società, la Netikos, dove siede per alcuni mesi nel consiglio di amministrazione accanto a un figlio di Colaninno (Michele). Ma è un’avventura di breve durata, o forse solo il momento di transito per creare con i vecchi amici della Webegg qualcosa di totalmente nuovo. E infatti nel 2004 Gianroberto chiude baracca e burattini e va a fondare con altri dirigenti Webegg la Casaleggio Associati, attuale editore di Beppe Grillo. Tutto qua? Certo che no. La Casaleggio è molto di più, anche se apparentemente sembra avere un ruolo «periferico» nello sviluppo delle strategie di marketing sulla Rete.

Gianroberto scrive molto spesso sia sul sito del gruppo che su molti giornali di temi legati alla Rete. «L’organizzazione di Rete», si legge nel suo curriculum online, «i modelli di e-business e il web marketing sono tematiche che ha approfondito e applicato a società italiane negli ultimi otto anni, anche grazie a una relazione costante con i riferimenti mondiali del settore». Per lui la Rete è un’ossessione, più di un mezzo, più di un media. Ne è un teorico e uno dei guru delle nuove frontiere del marketing digitale e di cosa si possa fare attraverso i social network grazie a strategie di marketing «virale», forma di promozione non convenzionale che sfrutta la capacità comunicativa di pochi soggetti interessati per trasmettere il messaggio a un numero esponenziale di utenti.

Casaleggio ha capito in anticipo, almeno per quanto riguarda il mercato italiano, quali siano le potenzialità del web e dei social network. E individua una nuova figura di venditore propagandista in parte consapevole e in parte no: l’influencer. «Online il 90 per cento dei contenuti è creato dal 10 per cento degli utenti, queste persone sono gli influencer», scrive in un articolo Casaleggio, «quando si accede alla Rete per avere un’informazione, si accede a un’informazione che di solito è integrata dall’influencer o è creata direttamente dall’influencer. L’influencer è un asset aziendale, senza l’influencer non si può vendere, c’è una statistica molto interessante per le cosiddette mamme online, il 96 per cento di tutte le mamme online che effettuano un acquisto negli Stati Uniti, è influenzato dalle opinioni di altre mamme online che sono le mamme online influencer». Se andiamo ad analizzare il sistema di diffusione online del fenomeno Beppe Grillo è facile constatare quanto questa strategia sia efficace. E non solo per Grillo, visto che il numero dei clienti e delle partnership italiane e statunitensi vanno ben oltre alla promozione del comico genovese. Oltre quanto?

Nel 2004, a pochi mesi dalla sua nascita, la Casaleggio Associati annunciò pubblicamente attraverso le agenzie di stampa la nascita della partnership con Enamics, società statunitense leader in Business Technology Management (Btm). La Enamics ha una rete di relazioni aziendali impressionante sia dirette che indirette grazie anche a una rete di partnership consolidata e da più di 6 anni con due altre aziende del settore, la Future Considerations e la Ibm Tivoli. Spiccano, come si legge nel board sia di Enamics che dei sui partner, nomi come Pepsico, Northrop Grumman, US Department of Tresury (Dipartimento del Tesoro Usa), Bnp Paribas, American Financial Group e JP Morgan, banca d’affari del gruppo Rockefeller. E poi ancora: Coca Cola, Bp, Barclaycard, Addax Petroleum, Shell, Tesco, Kpmg Llp, Carbon Trust, Unido (United Nations Industrial Development Organisation), London Pension Fund Authority (Lfpa). Ecco quindi la rete di relazioni, teoriche e aziendali, della Casaleggio Associati con le aziende più quotate del settore negli Stati Uniti. Comunicazione, e-commerce, reti web, sicurezza. Gli stessi settori della Webegg prima e di Casaleggio e soci poi.

Sassoon e Casaleggio, sul rapporto dei due si gioca tutto il peso del progetto della Casaleggio Associati. Da un lato l’uomo delle relazioni «tradizionali» con il mondo della finanza e della politica italiana, dall’altro il super-esperto con reti di rapporti consolidate e partnership oltre oceano. Non si tratta quindi solo di sperimentare nuove forme di marketing, si tratta di una solida base di business. E questo la Casaleggio Associati fa.

Se qualcuno pensava ancora che la Casaleggio Associati fosse solo un gruppo di persone appassionate della comunicazione in Rete che si dedica al blog di Beppe Grillo (e a quello, ricordiamolo, di Antonio Di Pietro), dopo aver letto di questo vorticoso intreccio di partnership aziendali, clienti, collaborazioni, si dovrà ricredere. Qualche domanda se la stanno ponendo, per esempio, molti «grillini» della prima ora che nel corso degli ultimi anni hanno criticato alcune virate di Beppe Grillo, castigatore senza pietà dei costumi delle imprese italiane che lentamente (oltre all’ex padrone di Casaleggio, Telecom) sono uscite fuori dal mirino del neo-Savonarola (l’associazione non è nostra ma della stessa Casaleggio) ligure.

Ora Grillo parla quasi esclusivamente di politica e di politici. E dov’è finito il «messaggio» della prima ora, quello della lotta contro il «signoraggio monetario»? Se qualcuno sulla rete dei Meetup o nei commenti sul blog di Grillo pone l’interrogativo si vedrà cancellare o non pubblicare la propria opinione. E chi cura direttamente e capillarmente il blog di Grillo e la rete dei Meetup? Il fratello di Gianroberto Casaleggio, Davide. Dopo tutto le regole della «moderazione» sul web le detta chi mette in Rete una determinata piattaforma o sito. Funziona così ovunque, funziona così anche sul sito di Grillo. Certi argomenti, determinate domande non compaiono. Abbiamo fatto personalmente una prova, «postando» sul blog di Grillo determinati temi scomodi e il commento non veniva approvato. Compariva solo se si utilizzava un determinato termine spezzato dalla punteggiatura. Ma anche in questo caso il commento dopo poco spariva. Come su YouTube, dove video che criticano esplicitamete il rapporto fra Casaleggio e Grillo scompaiono con frequenza impressionante, così avviene per gli interventi nei Meetup più «popolati». Ma la Rete è più ampia di quanto la Casaleggio possa controllare e qualche Meetup riesce a sfuggire.

A fare i conti con il controllo sulla comunicazione collegata al fenomeno Grillo esercitato da Casaleggio è stato nel 2007 il blogger e giornalista Piero Ricca. Chiamato per moltiplicare le offerte sul sito e per attrarre nuovi utenti e nuovi «commentatori». Probabilmente ci si era resi conto che in quella fase il sito, per la parte degli interventi del pubblico, era «stagnante», che a commentare i post di grillo erano sempre gli stessi, anche se sempre tanti. Quindi la scelta cade su un blogger emergente, Ricca appunto. E che da accordi avrebbe dovuto essere pagato dalla Casaleggio Associati. Duecento euro a intervista forfettari spese incluse. Compenso che però, secondo Ricca, non gli viene corrisposto nei termini concordati all’inizio e Gianroberto Casaleggio ricontratterebbe la collaborazione chiedendogli di occuparsi della comunicazione di alcune aziende sanitarie. Ricca rifiuta. Da qui secondo Ricca il conflitto, e non si procede né sul piano economico né sulla ridefinizione del rapporto contenutistico della collaborazione e la situazione precipita. «A questo punto interpello direttamente Beppe Grillo – racconta Ricca – (…) Lui è informato della decisione di Gianroberto Casaleggio. (…) Osserva che “negli aspetti manageriali” del blog lui non entra. Ritiene però, fidandosi del gestore, che la difficoltà non sia di natura economica. Forse il problema – dice – è «l’eccessiva aggressività» di qualche intervista. (…) Poi si gira verso di me ed esprime un disagio: “Ti vedo sospettoso, non essere sospettoso”». E Ricca scompare dal blog di Grillo. Solo per un contenzioso relativo ai 200 euro spese incluse pattuiti per ciascuna intervista? Secondo Gianroberto Casaleggio, a quanto risulterebbe dalle dichiarazioni rilasciate sul blog di Grillo e su vari Meetup, sì. Fine della storia. Abbiamo fatto richiesta di spiegazioni via mail e non abbiamo ottenuto risposta.

Qualcosa intanto si sarebbe incrinato negli ultimi tempi anche nel rapporto che la Casaleggio Associati ha instaurato con Antonio Di Pietro e l’Idv. Delle crepe si erano manifestate già nel corso della campagna elettorale dell’anno scorso. Alcuni candidati «di peso» come Luigi De Magistris avevano gentilmente rifiutato di affidarsi al modello Casaleggio preferendo fare da sé. La ragione era molto semplice. Il modello offerto dalla Casaleggio Associati è estremamente centralizzato. A scatola chiusa. Per lavorare con loro, per usufruire dei loro servizi, è necessario affidarsi totalmente alla loro organizzazione. E questo, inevitabilmente, può entrare in contrasto con le logiche della politica. Un contrasto, segnalano in molti dell’entourage di Tonino Di Pietro, che in queste ultime settimane starebbe portando a una rottura. Bocche cucite, ufficialmente, sia sul fronte politico che su quello aziendale, ma ormai in molti si attendono da un momento all’altro l’annuncio del divorzio.

Ritorniamo però alle strategie di marketing (politico e no) della Casaleggio Associati, e agli influencer e all’importanza che viene loro data, e non solo da questa società italiana. Si legge sul sito web della Microsoft: «Uno studio della società statunitense Rubicon Consulting ha tracciato il profilo degli influencer, la loro diffusione e le modalità di comunicazione e di propagazione dei loro messaggi. Le comunità online, gli spazi dove agiscono gli influencer, non sono tutte uguali, ognuna ha peculiarità proprie». Non si capisce se questo brano l’abbia scritto Gianroberto Casaleggio stesso o se a questo testo del gigante statunitense si sia rifatto. E poi l’articolo della Microsoft prosegue: «Le comunità online originate dalle connessioni, come Facebook, sono le più frequentate (25 per cento degli utenti) e le più importanti per i giovani sotto i 20 anni, seguono, con circa il 20 per cento, quelle con attività in comune e condivisione di interessi. La maggior parte degli utenti delle comunità ha un’età tra i 20 e i 40 anni. In questo contesto operano gli influencer». Ecco fatto il ritratto del militante «grillino» tipo. E chi sono gli influencer di Grillo, dove si muovono, dove agiscono? All’inizio sulla rete di Meetup, la piattaforma a pagamento statunitense molto pubblicizzata dalla Casaleggio Associati e dai loro partner statunitensi è praticamente obbligatoria per chi voglia aderire alla rete degli amici di Grillo. Poi su YouTube e Facebook. È qui che si è creata la fortuna del messaggio di Grillo, nell’uso controllato capillarmente dalla Casaleggio Associati di questi mezzi.

E come si inseriscono le componenti individuate da Casaleggio prima e da Microsoft poi (o viceversa?) nella strategia che il gruppo starebbe sperimentando? E quali sono i contenuti e le strategie di un gruppo che non fa mistero di avere un’idea ben precisa di cosa siano e cosa dovrebbero essere la democrazia e la politica? Ci sono due video illuminanti di quale sia l’ideologia che muove Gianroberto Casaleggio e i suoi soci. Il primo, del 2007, attualmente scomparso dal sito aziendale ma ancora rintracciabile sul web, si rivolge all’informazione. Il titolo è inequivocabile: Prometeus – La Rivoluzione dei media. E vediamo il contenuto. «L’Uomo è Dio, è ovunque, è chiunque, conosce ogni cosa. Questo è il nuovo mondo di Prometeus. Tutto è iniziato con la Rivoluzione dei media con internet alla fine del secolo scorso… la Rete include e unifica tutto il contenuto: Google compra Microsoft, Amazon compra Yahoo! diventando così i leader mondiali dell’informazione assieme a Bbc, Cnn e Cctv… La pubblicità è scelta dai creatori di contenuti, dagli stessi autori e diventa informazione, confronto, esperienza. Nel 2020 Lawrence Lessing, l’autore di Cultura Libera diventa ministro della Giustizia degli Stati Uniti e dichiara il copyright illegale. Dispositivi che replicano i cinque sensi sono ormai disponibili nei mondi virtuali. La realtà può essere replicata in Second Life. (…) Nel 2022 Google lancia Prometeus l’interfaccia standard degli Agav. Amazon crea Place, un’azienda che replica la realtà. Puoi andare su Marte, alla battaglia di Waterloo, al SuperBowl di persona. È reale! (…) Nel 2027 Second Life si evolve in Spirit. La vendita di memoria diventa una normale attività commerciale. Nel 2050 Prometeus compra Place e Spirit. La vita è virtuale è il mercato più grande del Pianeta. Prometeus finanzia tutte le missioni spaziali alla ricerca di nuovi mondi per i propri clienti, gli avatar terrestri». No, non è il sequel di Nirvana di Gabriele Salvatores e meno che mai la sceneggiatura di Atto di forza con Arnold Schwarzenegger. Questo è, secondo Casaleggio Associati, un video di «scenario» inserito come messaggio di identità aziendale.

Il secondo video invece parla di politica. Si intitola Gaia, il futuro della politica ed è tuttora ben visibile sulla homepage del sito aziendale. Al contrario del precedente, in inglese ma sottotitolato in italiano, questo è disponibile in inglese e spagnolo. Immagini e plot simili. Si inizia con un pastone che racconta per brevi linee i progressi della comunicazione politica nella storia, accostando con qualche azzardo Savonarola, Gengis Khan, Obama, Beppe Grillo, Hitler, Mussolini, Bill Clinton (ovviamente sulla strategie di innovazione della propaganda più che della comunicazione) e poi, come nel video precedente, si lancia in previsioni future, in cui Google, ancora una volta, diventa il centro della rinascita della democrazia diretta fino a quando, dopo una terza guerra mondiale, la popolazione della Terra si riduce a solo un miliardo di abitanti e alla fine, grazie ovviamente alla Rete, nasce Gaia, il nuovo governo mondiale. E poi: «Ogni essere umano può diventare presidente e controllare il governo attraverso la Rete. In Gaia i partiti, la politica, le ideologie e le religioni scompaiono». Non temete, nel 2054, non prima."