domenica 15 aprile 2012

Oh Brother, where art thou?


Il 15 Aprile 2011 ci annunciarono che Vittorio Arrigoni era morto.
Io non lo conoscevo bene Vittorio Arrigoni.
Non sono uno di quegli italiani che passano la vita a parlare di Palestina e fame in India per poi far vedere che bel tatuaggio che mi son fatto nel Bengala , una miseria, guardi.
Di solito sono impegnato già abbastanza con le mie miserie, con quelle della mia terra, del mio popolo, del mio vicinato.
Una missione che ci siamo dimenticati, amare il luogo in cui siamo nati, ma a quanto pare, come diceva Gaber, abbiamo tanto amore di riserva per quei poveri negretti e arabi inferiori da dargliene a piene mani. L'italiano progressista è così neocolonialista, convinto della sua superiorità razziale, che in confronto un generale americano è un costruttore di ponti tra culture.
Io Vittorio Arrigoni non lo conoscevo bene.
Ogni tanto capitavo sul suo blog, un disincantato bollettino di guerra, di quella guerra che fotte la gente. Di quella guerra che non esiste.
Tutto tranquillo sul fronte medio-orientale. Il sole sorge, c'è l'ora di pranzo, quella della preghiera. La gente muore. Succede.
Da che Balcani sono Balcani, siamo abituati a vedere con occhio acquoso e distratto lontani esseri umani (ma per noi sono meno di pixels su uno schermo) tra i rutti avanzati della nostra cena.
Una prova generale della nostra disattenzione moderna, che ora è legge, ordine, parola comune.
Io Vittorio Arrigoni le volte che l'ho visto prima di morire si contano sulle mani.
La volta in cui ho deciso di non dimenticarlo è stata quella della risposta a Saviano.
Roberto Saviano, il portavoce del salotto intellettuale odierno, l'uomo che nutre l'Endemol generation di appuntini, frasi fatte, scopiazzature (come il suo Gomorra, ben ricopiato dalle inchieste di altri giornalisti) e retorica buonista da spot pubblicitario della Mulino Bianco.
Non ve lo ricordate, Saviano, che dall'alto del suo scranno di paladino della giustizia, partecipa ad una manifestazione di Amici di Israele, sbrodolando di elogi Tel Aviv?
Forse ricorderete Vittorio Arrigoni, che gli risponde punto su punto in video, con i ricordi degli anni in cui ha visto i "benefattori" di Tel Aviv martoriare la striscia di terra su cui era seduto, bloccata in una guerra che però non si dice tale, mentre Saviano con la sua scorta, lontano, parlava di cose a lui sconosciute per imbonire un uditorio con la sua sornionità felina.
Io ho deciso di ricordarlo per quello, Vittorio Arrigoni.
Ma poi eravamo lontani, distanti.
Per qualche tempo mi sono dimenticato di lui.
Finché non è morto.
Io un po' ci ho pianto quando è morto Vittorio Arrigoni. Mi era simpatico.
Le cose più dure che mi hanno detto quando è stato ucciso mi risuonano ancora nella mente.
Che se l'era cercata, andando per palestinesi, che era questione di tempo, che comunque di sicuro aveva avuto di che vivere bene, facendo i reportage da lì.
Io non lo so se Vittorio Arrigoni ci ha vissuto bene con i soldi dei reportage da lì.
Non lo conoscevo bene Vittorio Arrigoni.
Ricordo soltanto i reportage di una guerra che non è una guerra, e la risposta a Roberto Saviano.
E poi, tutto quel quotiando che non conosco. Che non conoscevo.
Quando hanno riportato la salma di Vittorio Arrigoni in Italia io ero lì.
Mi ha convinto Irene, mi ha messo sul suo motorino e mi ha portato all'ingresso dell'obitorio del Verano.
Siamo arrivati che era già pieno di donne abbronzate, pierceate e tatuate e di uomini con il barbone , la kefiah multicolore e gli occhiali alla moda.
E più aspettavamo, più passava il tempo, più saliva il mio odio.
Aspettavamo un cadavere, e d'intorno era tutto un parlare di quale paese terzomondista avrebbero visitato la prossima e di quale avevano visitato la scorsa estate. Chi parlava dei suoi progetti equi e solidali soprattutto con se stessi, chi si invitava alla prossima conferenza sull'inutilità, chi a un aperitivo dopo-veglia. L'aria era fatta solo di risate, battute, gente che pensava alla prossima serata brillante.
Stavo per esplodere, quando sono arrivati.
La macchina con il feretro era seguita dalla delegazione palestinese e dalla comunità palestinese in Italia.
Facce scure, occhi bassi, voci spezzate. Un discorso pronunciato con un filo di voce. La mortificazione di stare accompagnando un amico a casa dentro una bara.
Io Vittorio Arrigoni non lo conoscevo bene, ma i palestinesi sì.
Magari era ricco, non lo so. Ma per loro era un amico, un fratello, un aiuto.
Io quando Vittorio Arrigoni è morto ho visto i palestinesi piangere un giorno di più.
Io so che Vittorio Arrigoni l'hanno ucciso gli Israeliani per quello che faceva in Palestina.
Ne ha uccisi tanti, il Mossad. Ora si fanno coprire dai salafiti.

E allora mi perdonerete se oggi parlo di Palestina anche io, forse con mente meno retta e con meno sapienza di quanto potrebbe fare qualcun altro.
Non sono un esperto di Palestina, ma oggi nell'anniversario della morte di Vittorio Arrigoni, c'è bisogno di qualcuno che parli.
Ci hanno provato di nuovo. Da tutta Europa oggi decine (centinaia?) di cittadini dell'Unione volevano arrivare in Palestina da Israele per la manifestazione "Welcome to Palestine 2012".
Tutti i manifestanti, da normali viaggiatori erano sprovvisti di qualsivoglia materiale pericoloso, dovendo tra l'altro viaggiare in aereo.
Ma, è bastata la parola, Palestina.
Israele ha imposto (e la cosa assurda, è stata accontentata) alle compagnie europee di volo di cancellare i biglietti degli attivisti, o di bloccarli negli aereoporti europei. Per chi fosse riuscito per sbaglio ad arrivare a Tel Aviv, 600 agenti della polizia in borghese stazionano all'uscita dei terminal, pronti a rispedirli indietro con il primo aereo.
Nessuna legge è stata infranta, e queste persone volevano solo raggiungere la Palestina, per dire quanto sia difficile raggiungere la Palestina, se per sbaglio ne parli bene, se per sbaglio simpatizzi.
Ma se Israele può fare quello che vuole nel suo territorio, è inquietante che il suo potere si estenda fino a dare ordini a compagnie europee, a polizie europee.
Se non c'è reato in Italia, chi dovrebbe fermarmi. Chi a Parigi ha diritto di non far volare un cittadino libero, dalla fedina pulita che sta partendo normalmente?
Una legge del 1952 dà potere ad Israele di vietare l'ingresso anche agli incensurati in regola.
Ma questo non dovrebbe accadere in territorio Israeliano, al controllo dei documenti?

Ma queste sono cose inutili da chiedersi, cavilli.
La vera domanda è, che senso ha tutto questo? Linee, confini, muri.
Vendette, ripicche, guerra continua (che però non è guerra).
Un intero popolo vive da internato da un altro, che noi scusiamo di ogni azione perché è stato internato a sua volta, sessanta anni fa.
Tra muscoli di plastica e di metano, tra dimostrazioni di forza, fosforo bianco e minacce atomiche, a chi conviene tutta questa confusione?
Chi ci sta guadagnando?
A cosa serve tutto questo?
Io credo che tutta l'area sia pronta da decenni per la pace. Appoggiare le armi, e vivere. Mischiarsi. Rispettarsi. Questo non gli è concesso.
Da chi?
A chi conviene chiudere gli occhi su un martirio continuo?
Forse la risposta è sempre, noi.
Noi democratici.
Che pensiamo che i poveri negri inferiori non sappiano che vivere comandati altrimenti si azzuffano, e guarda che casino che fanno senza il nostro aiuto.
A livello di sostrato.
Sotto, sappiamo che più che altro lo stato di guerra conviene, altrimenti ci mangerebbero vivi, con la loro crescita.
Che non sia questo, il motivo per cui in tutti i territori di cui ci siamo interessati, si è aperta una guerra infinita (che però non è una guerra).
Afghanistan, Iraq, Libia, Libano, quegli stessi Balcani.
Spazzati via molto spesso con il nostro plauso.
Netanyahu fa grasse battute oggi sul fatto che gli attivisti invece di interessarsi di Israele dovrebbero pensare a Iran e Siria. Sono questi i prossimi obiettivi militari, Benjamin?

Non mi occupo di Palestina perché è già così difficile occuparmi delle mie terre, dei miei desideri, di questa stronza libertà.
E se da paladini che tifano rivolta e libertà un giorno ci svegliassimo scoprendo di aver lavorato per il male vestito da giovane piacente tutto il tempo? Un po' come il principe Arthas che all'improvviso si scopre generale dei non-morti e distrugge il suo regno e i suoi sudditi.

La vita è complicata.
Restate umani, se potete.
Tutto il resto è vanità.





La notizia del blocco di "Welcome to Palestine 2012"





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