sabato 14 aprile 2012

Festa d'Aprile




"...l'amato Duce e il Führer ci davano per morti

ma noi partigiani siam sempre risorti..."

"...Compagno radicale,
la parola compagno non so chi te l'ha data,
ma in fondo ti sta bene,tanto ormai è squalificata,
compagno radicale,cavalcatore di ogni tigre, uomo furbino
ti muovi proprio bene in questo gran casino
e mentre da una parte si spara un po' a casaccio
e dall'altra si riempiono le galere
di gente che non centra un cazzo!
Compagno radicale,tu occupati pure di diritti civilie di idiozia che fa democrazia
e preparaci pure un altro referendumquesta volta per sapere
dov'è che i cani devono pisciare!"



Tra undici giorni.
È uno strano esercizio fermarsi a riflettere cosa questo avrebbe voluto dire sessanta anni fa.
Tra undici giorni sarà il 25 di Aprile.
Ora di storia, chi è già edotto può andare a fumare fuori, dieci minuti.
Il 25 Aprile 1945 i reparti partigiani italiani liberano Milano e Torino. Prima e dopo, tutto il resto dell'Italia. Bologna, Venezia, Genova. Entro il 1° Maggio (La stanca festa del lavoratore!) tutta l'Italia sarà liberata.
Da cosa? Dalla guerra, dalla fame, dalla morte. Dalla paura, dall'oppressione, dalla guerra civile (what's so civil about war, anyway?).
Fine della trattazione breve.
Il 25 Aprile il calendario di stato recita "Festa della Liberazione".
È vera festa?

Non sembra, ma, a ben guardare, siamo i migliori revisionisti.
Le nostre fiction su Edda Mussolini e i Diari del Duce, come i suoi busti sugli scrittoi.
Negli anni ci hanno raccontato tutte cose verissime con la più crudele soddisfazione sul volto.
Il fatto che i partigiani rossi uccidessero i partigiani cattolici (e quando uno cattolico muore, è chiaro che un altro cattolico, anche se è un truffatore, ha ragione nel governare uno Stato), i poveri ragazzi innocenti delle divisioni repubblichine uccisi dai partigiani rossi, la delicata anima di Benito Mussolini troncata dai partigiani rossi, i partigiani rossi che uccidevano i partigiani rossi.
Come potrebbe non essere successo?
Pretendevamo degli eroi impeccabili da gente che il giorno prima era tutt'altro che un combattente?
Siamo dei figli ingrati, che dal caldo delle loro coperte ragionano di cosa sarebbe stato giusto fare quando non eravamo nati in un mondo che non abbiamo mai vissuto.
Dimentichiamo che ciò di cui ora noi siamo esperti era affidato all'epoca a "geniali dilettanti in selvaggia parata", come è sempre stato.
Non parliamo più con un alfabeto della guerra, nel nostro pacifismo di maniera non la combattiamo neanche più, fingiamo che non esista, sicuri del fatto che non visiterà più le nostre terre. In potenza agnelli da sacrificio.

Ed eccoli allora arrivare, vecchi fascisti ripuliti e nuovi imprenditori criminali, gente che ha costruito la sua fortuna sulla tortura sistematica di sessant'anni di Repubblica Italiana, eccoli arrivare, e noi gli concediamo, noi disgustati da questo e da quel comandante partigiano, gli concediamo di parlare ancora male ad alta voce di tutti noi. Che siamo stati ancora tremebondi e inutili durante l'ultima nostra guerra, che i partigiani non erano che dei criminali insignificanti, che senza gli Amerikani non saremmo nulla. Che dobbiamo tutto all'Amerika, l'Amerika, l'Amerika.
Zitti, passivi, noi che non vogliamo sangue sui nostri nomi, mentre Maurizio Gasparri ex-picchiatore e Ignazio La Russa ancora in carica ci tirano qualche altro schiaffo addosso.
Mentre Silvio Berlusconi parlava di cambiare la "Festa della Liberazione" in "Festa della Libertà". Noi zitti, noi pronti a urlargli contro ogni giorno dell'anno, lì rinchiusi in un silenzio colpevole.
Non vogliamo niente a che spartire con quei guerrafondai criminali delle vecchie generazioni.
La nuova Italia. Disarmata e prona, come piace a chi deve guidarla.

Sinceramente sono stanco, amici. Stanco che si venda al migliore offerente ogni nostro momento in cui la paura è rimasta inascoltata. Stanco di questa religione dei perfetti, che affossa gli uomini e ci degrada a carne tremebonda. È così facile.
È così facile trovare egoismi, paranoie, sociopatie, crisi di nervi.
Chi di noi è il migliore? Chi di noi è l'Avatar?
Il 25 Aprile non festeggiamo un gruppo di persone armate che entrarono in delle città.
Il 25 Aprile è una festa di primavera. Una rinascita, una speranza (negata ancora dalla cancrena della nostra Repubblica), un sollievo, un ristoro, un sogno, una fine che è un nuovo inizio.
Il 25 Aprile è più di noi, o di coloro che sono stati, perché è la commemorazione di una Italia che ha sanguinato tra catene ed esecuzioni sommarie, fino ad affrancarsi di nuovo, fino ad avere un inizio.
Sprecato o meno che sia.
Ma è veramente questa festa quella che più somiglia a qualcosa che dovrebbe torcerci il cuore anche senza l'aiuto delle celebrazioni ufficiali.
La fine della guerra, il calderone dei sogni, la promessa di un mondo nuovo.

Io festeggerò il 25 di Aprile.

Ma anche quest'anno so di essere in controtendenza quando dico che il 25 Aprile dovrà essere dedicato alla nostra festa solenne.
Lasciatemi fare polemica attuale.
È ormai tutto il mese che il Partito Radicale pubblicizza l'iniziativa di una marcia contro le ingiustizie nelle carceri. Originariamente doveva essere a Pasqua, ma qualcuno ha pensato bene, vedendo lì disponibile la data, e per non scomodare nessuno a Roma, di spostarla al 25 Aprile.
Per quanto possa starmi a cuore l'argomento, o Radicale, devo dirti che ancora una volta sei salito su un facile piedistallo, mettendo sotto i tuoi piedi chic tutti noi.
Il 24, o il 26 sarebbero andati benissimo, ma vi è sembrato che il 25 non fosse poi così importante da dover essere evitato, anzi, con poco sforzo anche voi volete fare il moto che vi piace come piace a Berlusconi (per voi liberazione è uguale a libertà).
Ma, cari, non ho paura di essere chiamato carogna insensibile, la vostra marcia e i vostri scioperi sono più importanti di un rito antico? Io credo di no.
E per quanto possa capire che il vostro amore per gli USA e la vostra retorica forbita vi impongano di ridere furbetti ogni volta che tirate un colpo a questa fantomatica parte avversa, semplicemente vi sono contrario.
Contrario alla vostra violenza elegante, e a tutto questo minimizzare della quasi nata terza repubblica.
Io festeggerò il ricordo di uomini e donne che sono morti per il desiderio che avevano dell'avvenire.
La loro epopea popolare mi pare più vera di tutti i vostri discorsi da salotto.
Ho bisogno nel mio cuore di ricordare il viso della mia piccola patria, stretta dietro la Linea Gotica.

Vi aspetto tutti, nel giorno della nostra festa.

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