"...con l' ultimo suo grido d' animale la macchina eruttò lapilli e lava,
esplose contro il cielo, poi il fumo sparse il velo:
lo raccolsero che ancora respirava,
lo raccolsero che ancora respirava,
lo raccolsero che ancora respirava... "
In accordo con la mia precaria condizione di salute oggi sarò breve, e sarò greve (come offendere chiunque).
Ero, colto da dolori al basso ventre, seduto sul treno che mi avrebbe finalmente portato a casa dopo un faticoso quanto inutile giorno di frequenza all'università (che siamo costretti, anche con la malaria, altrimenti non ci fanno dar d'esame, o ce ne caricano altri venti libri, guardacaso scritti da loro).
Seduto sul mio treno almeno potevo accartocciarmi di dolore in santa pace.
Finché, per la fortuna storica che premia gli eventi improponibili, una delle porte del treno, sulla mia splendida carrozza, ha deciso di bloccarsi in aperto, con quel rumore assordante, quel fischio prolungato d'allarme. E luce rossa.
Piegato dai miei crampi pensavo che se avessi con cura mantenuto la calma e il posto tutto si sarebbe riparato, tutto sarebbe in fondo andato a posto.
Naturalmente dieci minuti più tardi i dolori erano ancora più forti e la porta fieramente aperta, con un gruppo di ferrovieri a curiosarvi intorno.
Ho capito di dover camminare, se non volevo finire seppellito lì, nel ventre di plastica ferrigna di un treno regionale.
A e 40 parte il prossimo.
Binario dopo.
Arrivo che già c'è più gente che tra le prime file di un concerto dei Bone Machine (per chi non sapesse di cosa sto parlando, pensi alle poste, che si tranquillizza).
Penetro nel fondo con il coltello del mio fastidio, fino a bucarmi un angolo schiacciato alle porte opposte di quelle d'entrata.
Il dolore si è fatto costante e pulsante, ed ora sono in piedi, a tenermi in bilico e con poca forza, con al fianco una signora che sta per avere una crisi di panico e la borsa che mi sega le dita.
La mia misericordia è già sottile come un'ostia quando dall'altoparlante una voce femminile sbrigativa annuncia che il treno precedente è stato cancellato (quello su cui ero seduto all'inizio) e che i viaggiatori possono utilizzare per raggiungere le rispettive destinazioni il treno su cui sono in piedi ora schiacciato da cani, dato che da diretto si fa per miracolo locale, e si farà tutte le fermate.
Qualcuno vola in stile Bruce Lee attraverso la mia misericordia con un calcio volante e la spezza in due.
Arrivati al livello di cubitazione critica, qualcuno si affanna ancora sulle porte, e mentre sto quasi inglobando una minuta donna bionda comanda con voce imperiosa: "Andate avanti!".
Un geometra di certo si azzarda a rispondere: "Ma se non c'è spazio!"
La voce imperiosa da fuori irride il povero tecnico senza fede: "Avanti, avanti, che c'è spazio, non lo vede? Vada più indietro!"
Ed è in quel momento che mi viene di incazzarmi, con il dolore che mi attraversa tutto il basso ventre come una bomba sul punto di detonare.
È a quel punto che mi verrebbe di dire alla voce imperiosa e dirigente:
"No, non c'è lo spazio, non c'è. Fin quando crederemo che qui c'è uno spazio saremo fottuti, vede. Fin quando penseremo che in un treno con una porta scardinata e le luci rotte e pieno di stronzi c'è posto, lo prenderemo in culo. Qui non c'è posto. Questo non è un posto. Questi è un tempo. Questi sono sessant'anni di liberismo dei morti di fame. Queste sono quelle riforme di cui il paese aveva bisogno. Questo è il beneficio della concorrenza, l'indipendenza economica, la privatizzazione dei servizi. E lei pretende che ci sia posto. Non c'è nessun cazzo di posto su questo treno, né sugli altri di questa fottutissima stazione. I posti costano, è meglio venderle i tempi che corrono, i tempi moderni.
C'è posto per tutti, che idiozia, un impossibile sogno di massa.
Meglio puntare a una democratizzazione dal basso, uomo col vocione.
Non c'è posto per nessuno.
Vuole protestare?
Era ora!
Venga, dirottiamo un Fecciarossa o un Fecciargento,li i posti ce li hanno sotto il culo!
Esproprio di posto a Luca Cordero di Montezemolo!".
E via, una banda pirata all'assalto di una supposta di metallo maidiniitali.
Ma come fai a spiegargli queste cose all'uomo col Vocione, nella sua camicia e cravatta blu elettrico, e la sua borsa da uomo in carriera di quarant'anni.
Per un po' provo con la voce piena di veleno ad aizzare le vecchie della fila di fronte contro il comune nemico FF non più tanto SS, ma sempre più SS e basta.
Dopo avermi dato spago credendomi un semplice metereopatico, le vecchie si ritirano in buon ordine dopo avermi scoperto ateo e mangiapreti, nonché sulfureo (sarà colpa del meteorismo). Vecchie bastarde.
Con la mia codaliscia e il mio zoccolo fesso, le corna caprine e la pelle rossacea, rimango all'improvviso isolato dall'intero vagone, che ormai pensa:
1-Alle chitarre Ibanez imitazione coreana e alle batterie Pearl da 2500 Euro
2-Ai maglioni che mi ha sempre comprato mio marito ogni volta che uscivamo di casa.
3-Alle pillole per la pressione e a stamattina che era pieno anche il metrò.
"Certo che fare questa vita per trent'anni, impossibile" dice la batteria Pearl
"Io guardi, se non c'era lei a trattenermi, me ne ero già uscita, con tutta questa ressa" dice una vecchia traditrice.
Ero, colto da dolori al basso ventre, seduto sul treno che mi avrebbe finalmente portato a casa dopo un faticoso quanto inutile giorno di frequenza all'università (che siamo costretti, anche con la malaria, altrimenti non ci fanno dar d'esame, o ce ne caricano altri venti libri, guardacaso scritti da loro).
Seduto sul mio treno almeno potevo accartocciarmi di dolore in santa pace.
Finché, per la fortuna storica che premia gli eventi improponibili, una delle porte del treno, sulla mia splendida carrozza, ha deciso di bloccarsi in aperto, con quel rumore assordante, quel fischio prolungato d'allarme. E luce rossa.
Piegato dai miei crampi pensavo che se avessi con cura mantenuto la calma e il posto tutto si sarebbe riparato, tutto sarebbe in fondo andato a posto.
Naturalmente dieci minuti più tardi i dolori erano ancora più forti e la porta fieramente aperta, con un gruppo di ferrovieri a curiosarvi intorno.
Ho capito di dover camminare, se non volevo finire seppellito lì, nel ventre di plastica ferrigna di un treno regionale.
A e 40 parte il prossimo.
Binario dopo.
Arrivo che già c'è più gente che tra le prime file di un concerto dei Bone Machine (per chi non sapesse di cosa sto parlando, pensi alle poste, che si tranquillizza).
Penetro nel fondo con il coltello del mio fastidio, fino a bucarmi un angolo schiacciato alle porte opposte di quelle d'entrata.
Il dolore si è fatto costante e pulsante, ed ora sono in piedi, a tenermi in bilico e con poca forza, con al fianco una signora che sta per avere una crisi di panico e la borsa che mi sega le dita.
La mia misericordia è già sottile come un'ostia quando dall'altoparlante una voce femminile sbrigativa annuncia che il treno precedente è stato cancellato (quello su cui ero seduto all'inizio) e che i viaggiatori possono utilizzare per raggiungere le rispettive destinazioni il treno su cui sono in piedi ora schiacciato da cani, dato che da diretto si fa per miracolo locale, e si farà tutte le fermate.
Qualcuno vola in stile Bruce Lee attraverso la mia misericordia con un calcio volante e la spezza in due.
Arrivati al livello di cubitazione critica, qualcuno si affanna ancora sulle porte, e mentre sto quasi inglobando una minuta donna bionda comanda con voce imperiosa: "Andate avanti!".
Un geometra di certo si azzarda a rispondere: "Ma se non c'è spazio!"
La voce imperiosa da fuori irride il povero tecnico senza fede: "Avanti, avanti, che c'è spazio, non lo vede? Vada più indietro!"
Ed è in quel momento che mi viene di incazzarmi, con il dolore che mi attraversa tutto il basso ventre come una bomba sul punto di detonare.
È a quel punto che mi verrebbe di dire alla voce imperiosa e dirigente:
"No, non c'è lo spazio, non c'è. Fin quando crederemo che qui c'è uno spazio saremo fottuti, vede. Fin quando penseremo che in un treno con una porta scardinata e le luci rotte e pieno di stronzi c'è posto, lo prenderemo in culo. Qui non c'è posto. Questo non è un posto. Questi è un tempo. Questi sono sessant'anni di liberismo dei morti di fame. Queste sono quelle riforme di cui il paese aveva bisogno. Questo è il beneficio della concorrenza, l'indipendenza economica, la privatizzazione dei servizi. E lei pretende che ci sia posto. Non c'è nessun cazzo di posto su questo treno, né sugli altri di questa fottutissima stazione. I posti costano, è meglio venderle i tempi che corrono, i tempi moderni.
C'è posto per tutti, che idiozia, un impossibile sogno di massa.
Meglio puntare a una democratizzazione dal basso, uomo col vocione.
Non c'è posto per nessuno.
Vuole protestare?
Era ora!
Venga, dirottiamo un Fecciarossa o un Fecciargento,li i posti ce li hanno sotto il culo!
Esproprio di posto a Luca Cordero di Montezemolo!".
E via, una banda pirata all'assalto di una supposta di metallo maidiniitali.
Ma come fai a spiegargli queste cose all'uomo col Vocione, nella sua camicia e cravatta blu elettrico, e la sua borsa da uomo in carriera di quarant'anni.
Per un po' provo con la voce piena di veleno ad aizzare le vecchie della fila di fronte contro il comune nemico FF non più tanto SS, ma sempre più SS e basta.
Dopo avermi dato spago credendomi un semplice metereopatico, le vecchie si ritirano in buon ordine dopo avermi scoperto ateo e mangiapreti, nonché sulfureo (sarà colpa del meteorismo). Vecchie bastarde.
Con la mia codaliscia e il mio zoccolo fesso, le corna caprine e la pelle rossacea, rimango all'improvviso isolato dall'intero vagone, che ormai pensa:
1-Alle chitarre Ibanez imitazione coreana e alle batterie Pearl da 2500 Euro
2-Ai maglioni che mi ha sempre comprato mio marito ogni volta che uscivamo di casa.
3-Alle pillole per la pressione e a stamattina che era pieno anche il metrò.
"Certo che fare questa vita per trent'anni, impossibile" dice la batteria Pearl
"Io guardi, se non c'era lei a trattenermi, me ne ero già uscita, con tutta questa ressa" dice una vecchia traditrice.
"Il problema è che qui in Italia nessuno ha mai fatto una rivoluzione seria" soggiunge la vecchia, prima di continuare a parlare di cazzate.
Mi sono spento serenamente dopo un'altra ora di agonia, e fermate locali.
Mi sono spento serenamente dopo un'altra ora di agonia, e fermate locali.
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