venerdì 20 aprile 2012

Divertirsi fa cagare





"Un mio amico scrittore che la penna non l'ha vista, 
Come fosse un nome, dico, che la penna non l'ha vista, 
Aveva la barba un po' lunga e molto riccia, e giurava tutto il giorno che smetteva di fumare. 

Poi smise davvero e ci fece un po' star male, 
E noi che alla fine si voleva un po' godere, 
Ma di cosa godi con questi morti di fame? 
Aperitivo è bere, ribere e vomitare."




Quello che dirò nelle prossime righe potrebbe provocare le più disparate reazioni, molte delle quali ben supportate dalla totale assenza di dialogo che ci è familiare, nonché dal nostro imperante senso di colpa (e di colpevolizzazione) collettivo.
Qualcuno dirà che parlo eppure sono compromesso fino al collo. Qualcuno dirà che sono noioso.
Ecco due obiezioni piene di buon senso.
Come sempre non potrei parlare se non fossi anche io un condannato di questo carcere. Quanto ad essere noiosi, credo sia proprio quello il punto.
Il nostro sottovalutare il potere della noia è quello che ci ha ridotto alle catene.

"...è un percorso laterale
una fluida divinità
una convergenza stilistica
con il primitivo preistorico
è l'attualità, è l'attualità..."


Notte.
Da sempre ottimo scenario per ogni storia.

"Era una notte buia e tempestosa"
Tutti lo conoscono da Snoopy, specie da quando lo spiaccicano sulle magliette e sulle borse.
Con buona pace di Edward Buwler, primo barone di Lytton, ancora prima di Charles M. Schulz.

Notte.
Banalmente ciò che segue il dì da milioni di anni.
Ricordo una edizione delle Mille e una Notte chiusa in una casa polverosa, quella che fu dei miei genitori prima di emigrare al nord.
Una Mille e una Notte illustrata da questi artisti moderni, architetture islamiche sporcate di metafisica di fronte a un cielo di un nero piatto, infinito.
Se dovessi chiamare un ritratto della Notte, prenderei quelle illustrazioni.

La grande Notte che ci annichilisce tutti quanti sul posto, aria di sconfitta al tramonto.

Sarebbe stupido non considerare che l'uomo è infestato da secoli dalla sua paura della Notte (notte può fare rima con Morte, in inglese Night è assonante con Death, che comunque non dimentica la sua natura di Knight.)

Sono secoli che l'uomo battezza le stanze con i suoi piani di fuga dalla sua mancanza di coraggio nell'affrontare una notte sola la sua noia.
Perché la notte è noiosa, lì dove la noia è pienezza del disagio di essere alla fine soli, intrappolati nel nero scuro di una stanza, infinito.
Millenni.
Per millenni ci siamo dati alle candele e al vino, al dado e alla musica, alla danza e ai falò, combattendo con armi smussate e da bifolchi questi possenti cavalieri.
Era una lotta faticosa e senza quartiere, non addestrati e teneri, ci lasciavamo ogni giorno alla loro mercé.
Non potevamo sperare, contro chi si nutre di anime e sentimenti neri, di vincere, noi che dovevamo anche pensare a lavorare ogni giorno per poter mangiare, bere, dormire, sopravvivere agli altri uomini.
Eravamo piccole bestie, e la Notte era la nostra custode e tiranna. La Noia. La Morte.


" E quando Amleto ebbe concluso la battaglia
quando furono bruciati tutti i morti
e la pianura ebbe bevuto il sangue
tornando alla tenda, vide qualcosa
che non aveva mai visto

Benedetto per la peste
per il gelo dei viandanti
benedetto per l'orgoglio e le vendette
occhi di fiamma e roghi nella notte stellata
per le tue stelle
che gli angeli accendono misericordiosi
Benedetto

Amleto vide il fango e le impronte
i mille passi dei suoi soldati
i vestiti dei morti, le monete
e gli ultimi avanzi di pasto
le selle strappate, e il cuore
battere nella gola dei cavalli

Benedetto nell'Apocalisse
nel silenzio degli eremiti
nei cadaveri dei santi
nelle mummie e negli scheletri
benedetto il freddo delle tue mura
e la paura per i bambini
Benedetto

Nessuna Ofelia, ma solo
oscura e improvvisa una pietà
per sé e per gli altri
Pensò Amleto: ora di nuovo aspetterò
che a uno a uno muoiano i miei amici
e i miei cani: la guerra
non è finita, è di nuovo guerra

Lascia che io ti parli
lascia che ti prenda
tra le mie braccia
dentro al tuo respiro
sento un altro
respiro contrario
Lascia che io ti parli
che ti parli

Amleto camminò tra acqua e nebbia
e nel mormorio del fiume
vide passare i feriti, vide sfilare
il suo esercito sconfitto
e tutta la notte scrutò il cielo
per trovarvi un segno
di pace impossibile

Benedetto il ritorno
benedette le case che accolgono 
gli scampati. Balliamo
Nessuno consolerà le ferite
Non guariremo. Balliamo
tutti dimenticheremo
nessuno dimenticherà davvero

Lascia che io ti parli
che ti parli..."



Per sconfiggere la notte c'è voluta una civiltà elettrica.
Non che sia vinta davvero, questo è chiaro.
Si è fermata a guardarci oltre le nostre lampade ad arco, ci aspetta nella quiete dello spazio (dove nessuno può sentirti chiamare aiuto).
Noi duri ci muoviamo invece da secoli sulla terra sempre più baldanzosi, sicuri ormai di aver vinto. Che la notte è sconfitta, ma questa non è una novità per noi.

La novità per la mia generazione è ben altra.
Siamo la truppa della sconfitta totale della noia, o anche detta, finalmente il proclama, la generazione della Festa Continua.

Notte, quello che era il tempo ancora per i nostri genitori di tornare in casa per trovare sonno e protezione è diventato per noi un momento di battaglia.

Per secoli l'uomo che siamo stati è stato un perdente.
La Festa era la sua arma più grande, come portare un ariete alle porte del buio cosmico. Non che ci vincesse. L'Ariete era presto bruciato, agli uomini facevan male le braccia a sostenerlo. Presto veniva abbandonata la Festa. Ma per gli attimi, o i giorni, che durava, la Festa dava all'uomo che eravamo l'euforia necessaria per resistere ancora ai dardi e alle pietre. La speranza di antichi partigiani asserragliati sulle montagne della loro mente.
La Festa era il rivolgimento delll'Ordine che ne ridava il senso. La Festa era la pausa di una fatica immensa nel vivere, e allo stesso tempo il ricordo motivante della vita stessa.

Poi è arrivato l'evo contemporaneo.
Questa libertà, questa uguaglianza, questa fraternità.
Un fiorire di lotte di liberazione dall'oppressione e dalla direzione.
Si può dire che la lotta più di successo sia stata quella per la liberalizzazione della Festa.

Notte.
Mi muovo per le strade lucide di pioggia con una automobile che ha visto giorni e padroni migliori. Agli angoli delle strade, pur se fosse Mercoledì sera, vedo insegne. Insegne che sono Pizzerie, Bar, Panini, Locali per la musica dal vivo, Locali senza musica dal vivo, Locali senza musica, Locali per il peep-show, Ristoranti, Ristoranti cinesi, il mio amico Kebabbaro, Associazioni Culturali nate solo per vendere birra e Sale Giochi con e senza Biliardo.
Dentro e di fronte a tutte una marea di gente che non si riesce a passare.
Sulle strade che si muovono, di fronte e dietro di me, Mercedes e utilitarie, SUV e vecchie Panda.
Tutte e tutti liberi di vivere finalmente l'ansia ambita dell'uomo moderno, trovare posto (citazione).
Aggiungerò io, trovare un posto dove stare, per non sentire parlare la Notte (la Noia).

Così, abbiamo battezzato la celebrazione della Festa Continua, che ricorre ogni giorno, tranne i  giorni di festa vecchi (quelli sì che sono noiosi).
Così, semplicemente, con i nostri pochi soldi in tasca rubati da qualche parente o racimolati in qualche lavoro castrante o se volete dei tanti soldi che avete voi ricchi di famiglia o voi banchieri moderni, con questi soldi, tanti o pochi, e la nostra fretta di vederli scivolare nelle tasche di un ospite qualunque, purché ci dia riparo dai nostri mostri.

Che cos'è questo, mi diranno, le taverne ci sono sempre state, diranno.

Vero, questo è vero, non ho detto forse che abbiamo sempre tentato di fuggire, maldestri.

Ma quando nel mondo c'è mai stata così tanta taverna, quando abbiamo avuto così tanti soldi, seppure oggi ci sembrano sputati, da poterci stare ogni giorno come dei bravi soldatini?

Una Festa Continua si aggira per le strade e per le piazze di qualunque città di questo vecchio continente, talmente lunga e senza speranza che oramai è logora e quasi inutilizzabile.

Pensate alle feste che avevamo quando eravamo dei perdenti.
Ora chi ricorda la felicità di un solo rito, la bellezza di un Natale, di una Pasqua, di un Ferragosto, chi ricorda le azioni civili che gonfiavano il cuore di un 25 Aprile, di un 1 Maggio, ci metto anche il 2 Giugno, per volermi rovinare.

Sono perse, come è logico che sia, nel fango delle nostre abitudini quotidiane.
Ogni giorno che passa per noi la Festa è lì, appena lasciato il cancello delle nostre case, ormai mai chiuso, sempre aperto su una strada dove non si aggirano più lupi o briganti, o perlomeno, oggi sono vestiti da Dolce & Gabbana.

Abbiamo perso la percezione per il susseguirsi continuo di feste giornaliere, non ha più senso quindi per noi guardare a un giorno come a "un giorno di festa".

Se questo ci abbia rovinato, è una domanda. Se l'ipertrofizzazione della Festa ci abbia in qualche modo impoverito.

Valutate.
Valutate anzitutto quanto abbiamo guadagnato. Divertimento continuo.
Per quanto possa suonare esaltante, non ho bisogno di tirare fuori Pascal per avere i miei sereni dubbi.
Divertire d'etimo è pur sempre separare, allontanare, dividere.
Il divertimento ci separa, ci allontana, principalmente dai noi stessi e dai nostri mostri (due cose che si somigliano come gemelli).

Questo può essere utile e necessario, ed è sempre stato uno stato di necessità in fondo.
Ma momentaneo, breve, spopolato. Questa festa e quella festa, a distanza di mesi conservavano tutta la loro potenza nel sollevarci, rimetterci in piedi, quella potenza di cui parlavo prima.

Ora che tutto è appiattito e solito, nessuna potenza rimane alla Festa Continua, se non un piccolo pizzicore da scossa elettrostatica. Presto dimenticato, e affogato nello stordimento.
La Festa Continua ci diverte, ma non soddisfa nessuno dei nostri stati di necessità.
Rischiando di ricadere sempre più nella Noia, ci spingiamo sempre più oltre, verso l'annullamento, una morte o un pigro addormentarsi nelle maglie di una vita senza utilizzo della mente (che è una morte un po' più peggiore.)

Ma anche senza considerare questo, pensiamo al divertimento che ci allontana dai nostri marosi più inquieti. Via dalla Buio e dalla Noia, dalla Notte e dal Dubbio.
Questo è confortante, in larga parte. Ma a guardare bene, ci ha allontanato per sempre, il Divertimento Continuo, da una parte di noi, e nell'incompletezza non facciamo altro che sentirne la mancanza, che sentirla bussare alle nostre porte, ma noi non apriamo, e non sappiamo darle un nome.
La Noia e il Disagio sottendono un potere dal quale siamo privati per sempre, o in larga parte.
Una chiave che serviva ad aprirci e a liberarci, attraverso condotti bui, è perduta.
Siamo alienati e distorti, come miserrimi buffoni.
Continuiamo a incontrarci con stanchezza afoni per parlare del nulla e guardare i muri.
Capirete che anche il contatto con l'altro è niente senza il contatto con sé stessi.


"...lo Stato dice bevi che una parte poi va a noi e 
fai guidar qualcun altro
dimmi quanti anni hai e in ogni caso poi 
fai guidar qualcun altro
sarebbe bello un giorno uscire per vederti e scoprire che 
che si può far qualcos'altro..."


Anarchica è diventata anche la produzione di Festa, per noi, un mero conguaglio economico, paravento per litri di birra venduti e cibo scadente sovraprezzato.
Venduta è anche la nostra paura e il nostro bisogno di non averne. A questo ci pieghiamo docili, coi nostri pezzi di carta colorata. Coriandoli ci danno, coriandoli ridiamo. Molto festoso.
Perché poi a pensarci, scopri che la Festa Continua non conviene mica per te, per le tue personalissime vergogne e riserve, per la tua bisogna di fuggire. Queste cose le sfrutta, le usa,  chi si è montato l'industria Festa, per l'unica passione che non sbiadisce mai, quella del guadagno.
Lento, continuo, assicurato.
Questa poi, dirlo è deprimente, è una onnipresente realtà. Una maglia svelata e scoperta, senza neanche più l'esigenza di assurgere a qualcosa di diverso, in fondo lo spirituale è morto per noi tutti. Commercianti e commerciati.

La nostra voglia di festeggiare, celebrare, è perduta, e se sia possibile ritrovarla è una domanda molto difficile.
Possibile che ci sia qualcosa che riesca a sopravvivere al fiume di fango della quotidianità, che ci porta avanti storditi dando a tutto il sapore della terra o della plastica?
Bisognerebbe fermarsi, bloccare il fiume, tentare di uscire.
Bisognerebbe avere voglia. Di annoiarsi e di soffrire. Di essere cattivi, ma davvero, non per un Toxic Discoset Vengance Party. Di imporsi dei doveri. Dei limiti. Delle questioni.
Ed è poi abbastanza uno scoglio in un fiume fangoso per trasformarlo in qualcosa di diverso?
Domande, domande indiscrete su questioni private.

"Le mie poesie non cambieranno il mondo" diceva Patrizia Cavalli.
E neanche queste scritture.
Che non sono che la traccia di una visione, un comizio a cui ad oggi partecipano a stento gli amici, o gli ammiratori, grano di polvere tra il fango.
E voi fate quello che volete amici dunque, d'un discorso pronunciato di quelli che stancano sempre di più, che sempre di più confondono la mente indebolita.
Fate quello che volete se vi dico, la libertà ci ha ridotto alle catene, come dicono, ed una delle maglie è quest'ansia che ci hanno messo addosso di cercare in giro per il mondo la Festa e il Divertimento in ogni dove, maniacali, disperati, come fuggiaschi.



Divertirsi fa cagare.
Perché ricordate che le monete sono lo sterco del diavolo.




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