lunedì 25 giugno 2012

Resoconto di un viaggio.

Era tutto come tre anni prima: mi diedero addirittura la metà del pesce che avevo lasciato nel piatto l'ultima volta.



























Venezia:


At first I was like:







When something has come up:








Then I was like:





But in the end, I was totally like:


giovedì 21 giugno 2012

V-nice




Di un posto d'oltremare, che è lontano solo prima di arrivare.




















Partire lascia un carico ad ogni azione che farai, ad ogni passo che ti porterà ad uscire dall'uscio della tua tana.
Tutto si raggruma nel preparare un bagaglio, e riuscire a condensartici dentro.
Questo pantalone nuovo che ho comprato per fare bella figura con la mia ospite lontana, questo pantalone vecchio con cui ho vissuto già anni, belli o brutti che siano stati.
Le mie maglie buffe, le mie maglie nere, le camicie a fiori da vecchio tabagista incancrenito (non fumo neanche, non dovrei farmele piacere così tanto).
Il modo che dovrò trovare per far passare la mia borsa di macchine fotografiche al controllo bagagli.
Asciugamani e mutanti (in realtà mutande, ma non so perché ho scritto mutanti per prima cosa, quindi lo lascerò) per rispettare il contratto umano,
Scarpe per lasciarmi altri chilometri dietro a quelli che ho già percorso.
Le mie carte d'imbarco che ora scoloriscono al sole sul mio letto. Sbiadiscono un po' mentre il viaggio non è ancora iniziato. Questo è il destino delle copie fotostatiche e dei ricordi.
Il libro che devo leggere per il mio prossimo esame. Il copione che devo sapere a menadito per il prossimo spettacolo.
Caricaqualunquecosa per gli oggetti di vita elettronica che mi legano a questo secolo (roba obsoleta, già scaduta, ma forse qualcuno mi farà la cortesia di considerarmi un rottamatore cyberpunk).
Tra minuscole schede SD e calzini sparsi per la stanza ho sempre la sensazione di essermi scordato qualcosa, o peggio, di non aver portato niente di giusto.
Ciondolo per casa, mi guardo intorno, e scrivo un resoconto in rete invece di pensarci ancora.
Partire.
Tutto quello che mi aspetta, e quello che non mi aspetto, alla fine del viaggio mi mantiene in uno stato di sottocutanea eccitazione, piccola angoscia, di quelle da prima di un esame.
Feliz y triste voy a salir.
Non ricordo più bene lo spagnolo come un tempo.
Non sono più quello di un tempo.
È tutta qui l'essenza di questo viaggio.
Stanotte non dormirò nemmeno (già ieri, non l'ho fatto).
Partirò quando il sole non sarà ancora sorto.
Nelle ore che mi separano da questo, scrivo un biglietto di commiato.
E mi dedico una canzone, che altrimenti nessuno lo farà.

Buon viaggio Francesco.
Grazie Francesco.
Vedrai, sarà bello e ti renderà felice.
Lo spero Francesco.


Che poi, lo spero davvero.

Le ore scorrono lente, invischiate nell'afa.







lunedì 18 giugno 2012

Assalto vaginale e altre azioni di guerriglia.







Immoralità minori:

Mi è capitato ultimamente di discutere di una questione stupidissima (stupida per l'argomento assolutamente poco importante, ma anche per l'essenza stessa della discussione, parecchio inconsistente, ma ormai è andata, comunque) con una o più rappresentanti del genere femminile.

Ad una mia semplice constatazione, od obiezione se preferite, è stata contrapposta una risposta che qui come in altre occasioni mi ha lasciato di sale, come vuole la tradizione biblica, o di merda, se preferite essere prosaici.

La risposta, già rimasticata in altre occasioni era un suggerimento più o meno velato a pensare di più alla figa e a non contraddirla, affermando con convinzione che io con la succitata figa abbia un pessimo rapporto.

Fosse la prima volta che sento cose del genere, potrei derubricarle a semplici iniziative personali di menti sperdute nel territorio, ma mi è capitato spesso di iniziare anche discussioni più impegnative con una donna e di finire a sentirmi dire questa cosa per aver sostenuto fortemente una tesi contrapposta a quella della mia avversaria.
Giocoforza, accade quasi sempre quando tale donna è una Donna di Successo (Copyright, tutti i diritti riservati).

Magari hanno anche ragione le varie oppositrici che si sono succedute sul fatto che scopo poco, specie se facciamo un confronto diretto, ammetto di non essere mai stato troppo bravo a saltare di letto in letto, di fare fatica a conquistare le persone, ma soprattutto di non essere troppo ossessionato dal mio pene.
Ci conosciamo, c'è un rapporto di reciproca stima, abbiamo passato tante peripezie. Ma sono io che decido per lui, non il contrario.

Tenuto conto di questo, magari hanno anche ragione ad imputare al fatto che scopo poco, che non ne ho voglia assiduamente, la mia inclinazione a fare altro, tra cui dubitare, parlare, mettere in discussione.
Oh, mi piace parlare con le altre persone, lo aspetto sempre con piacere.

Ma considerando il fatto che il non dedicare al sesso una parte preminente della mia vita mi permette di inseguire molte delle cose con cui indago le mie ansie più profonde,i miei assurdi d'esistenza, che mi dà la lucidità di cui ho bisogno nella lotta contro me (che forse, potremmo dire, mi salva la vita), il loro consiglio di scopare di più, e più un consiglio o una jettatura?

Ci si è sempre lamentati nei secoli che gli uomini ragionino solo con i loro testicoli.
Millenni di furiosa lotta per l'emancipazione devono servire dunque alla donna per avere il diritto di ragionare il mondo di vagina?

Magari qualcuna si sente esaltata da questo strapotere che deriva dal fatto di poter fare leva sulla libido maschile, ad avere stuoli di ammiratori pronti a strisciare o potenti protettori di cui disporre, solo per avergli fatto odorare la zona sottoventrale, ma che miseria è mai questa?

Una libertà cortigiana attardata a secoli ormai morti, e sicuramente Madame de Pompadour era più fine ed abile in questo gioco squallido.

Chi punta la vagina come una bombarda pronta a sparare non è molto migliore di chi brandisce il suo pene come un randello da menare.

Capisco come questi discorsi siano ormai fuori tempo massimo, ma dove è finita la ricerca di una eguaglianza, dove gli studi di genere, la pretesa di un posto nella storia?
Generazioni di donne arrestate, rivoluzionarie fucilate, artiste russe che dibattevano ferocemente con i colleghi uomini sul mondo giusto che doveva venire, reggiseni bruciati e capelli impettinabili, ringhi feroci e spiriti indomiti.
Ci hanno portato alla libertà di scegliere che vestito indossare, che capello avere, quante foto farsi ogni giorno, quanti commenti ricevere, e a vantarsi del proprio sesso usandolo come merce di scambio e come dittatore implacabile.
Qui tra le altre cose il discorso potrebbe benissimo essere oramai unisex, ma gli uomini sono talmente rozzi che alle parole sostituiscono quasi sempre le botte o i grugniti.
Il vanto della vagina e il desiderio intorno ad essa invece, sono una vera raffinatezza.

La cosa più di ogni altro sentimento mi rende triste, perché non fa altro che confermare questo nuovissimo atteggiamento ipersessuale e spregiudicato la nostra società vergognosamente patriarcale, dove non si ringhia contro gli uomini per essere donne, ma al massimo per essere femmine alfa, degne di maschi alfa.

Non ci sto.
Il mio essere uomo si ribella a questo da un lato proprio per una questione di genere.
Non è accettabile infatti di arrivare all'estremo opposto dell'essere zittito perché uomo in una questione da un intervento d'estremismo femminile.
Sono nato di sesso maschile e posso continuare a parlare finché voglio senza essere deriso e ridotto ai miei ormoni e al mio membro. (Se questo suona vagamente vicino al femminismo anni '60 con la sola differenza del genere, ne posso essere solamente onorato)
Nessuna, come nessuno, può permettersi di zittirmi riducendomi a un oggetto sessuale.
E sono disposto a lottare per questo come per qualsiasi giusta causa.

Dall'altro lato, il mio essere umano si ribella.
Io litigo con le donne così come faccio con gli uomini, allo stesso modo le sfido, le porto a discussione, le combatto, le tratto duramente quando sento di dovere. Così rido e scherzo, e parlo e mi muovo, e sono felice a volte, con donne e uomini allo stesso modo.
Questo perché trovo in chi corrispondo la stessa umanità di cui sono composto, e assicuro a ciascuno tutto il mio rispetto.

E il rispetto di una persona, della sua intelligenza e della sua umanità, spinge a volte anche a scontrarsi duramente. Non ne ho paura e lo ritengo un atto prezioso, quanto o più del sesso.
Non sono galante, e me ne vanto di fronte a voi.
La galanteria degli uomini tutti presi a scherzare c a adulare la donna non è altro che la forma più bieca di maschilismo, in cui le donne sono viste come cose graziose da proteggere e da lusingare, da tenere al caldo dei propri desideri, a fare cose frivole e a occuparsi di bellezza mentre gli uomini fanno girare il mondo.
Disgustoso.

La donna è per me la mia pari, e non saranno mai oggetto di mala discriminazione i nostri organi sessuali.
Un uomo e una donna sono capaci delle stesse sensazioni, degli stessi pensieri, di varie e molte abilità.
Se esistono differenze e distanze (e chi potrebbe negarlo?), non sono tra una cosa superiore e una inferiore, ma tra due mondi legati che si avvicinano e si allontanano in continuazione, parti comuni e luoghi distanti.
Una promessa che faceva (e forse ancora fa) parte di quella voglia di cambiare tutto.

Per questo si ribella il mio interiore a la vagina usata come arma, alla volgarizzazione sessuale, all'oggettivizzazione della mente e del corpo trasformati in buchi, al mondo tornato cortigiano in maniera orrendamente democratica.

E la mia ribellione qui mi fa stare, né posso spostarmi.
È un dovere che ho da fare.




Forse sono entrato con poca grazia e senza stile in un argomento delicato, come un orso lanciato attraverso una finestra.
Magari tutto questo ti sembra vagamente sessista lettore.

Ma se vuoi vedere qualcosa di veramente sessista, perché non fai un giro in una piazza italiana il sabato, piena di ragazzine in minigonna e trucco pesante, costrette ancora in questo tempo a icone femminili totalmente dedicate al piacere dei maschietti ben vestiti che ronzano loro intorno?

Il crimine più grande? L'operazione che c'hanno fatto addosso per farci credere che questo sia tutto espressione della nostra libertà.


Qualcuno, ultimamente, ci prega almeno di vergognarci (e anche se lo fa solo astutamente per soldi, lo fa con voce ben tornita. Mi permetto di utilizzarla, con le dovute riserve)

martedì 12 giugno 2012

Quando non ci sarà più spazio all'Inferno, i morti cammineranno sulla Terra.






Señor Romero in fondo parlava di questo fin dal primo momento.
I mangiatori di carne cruda, lungi dall'essere il nuovo piccolo brivido dell'estate di qualcuno, erano un'eco di rovina di una società tirata e fragile fino all'eccesso.
Sotto il tatuaggio c'è la pelle, sotto la spiaggia il mare.
Dietro le nostre istituzioni democratiche e i lunghi discorsi ragionevoli, c'è ancora quell'uomo tremante che è separato dal freddo e dai lupi solo da una sottile parete di legno. Quell'uomo crudele separato dalla sua bestialità solo da un vestito pulito e da un'agricoltura moderna. Ma.

Mostri e normali.




In Italia si sta fermi di fronte a luoghi muti, silenziosi.
Il getto di vapore e il fischio delle fabbriche, gli operai non li sentono più.Stanno davanti a dei cancelli che non interessano più a nessuno.Si affollano, si arrabbiano, si battono.Ho detto che non interessano più.Non è corretto.Interessano relativamente a quanto è piccolo un luogo nell'universo.Per cui posso trovare Egiziani che lavorino per metà del prezzo pattuito con altri Egiziani, finché non troverò degli Egiziani che lavorino per ancora meno.Gli Egiziani vecchi si incazzano con gli Egiziani nuovi, ma più con "il padrone". Questa entità astratta che si sa sempre meno dove sia, chi sia, o cosa faccia.Allora si rimane davanti alle fabbriche a tentare di impedire agli Egiziani nuovi di sostituire gli Egiziani vecchi, che alla fine non arriva "il padrone" ma ci si ritrova lì a fare la solita giostra.Egiziani vecchi, Egiziani nuovi, centri sociali, sindacalisti di base. Poi Polizia, Carabinieri, e chi più ne ha, più ne metta.Qualcuno diventa violento e gli viene la voglia di rompere tutto.Qualcuno viene arrestato.Egiziani, o forse Napoletani, operai, impiegati. Una volta a dire il vero. Ora cassaintegrati, disoccupati, gente morta che vanno a seppellire in un carcere qualsiasi.A frotte.Le nostre carceri erano già stracolme, prima di iniziare.Cosa succederà ora che continuano a stiparle di morti?




Linferno








Cosa succederà quando avremo confinato tanti morti che saranno più dei vivi.
Ed i vivi fuori, ed i morti dentro, a premere contro le pareti.
Logico che crollerà tutto, logico che usciranno di nuovo.
I morti che avevamo sepolto e condannato all'inferno torneranno su questa Terra per divorarla.
I morti irosi, incolleriti, senza alcuna pace o eterno riposo.
Señor Romero qualche anno fa non voleva solo giocare un po' con intestina di capra e sangue per il suo divertimento personale.
Ci parlava di una società cieca che non rispetta più né i morti né i vivi, che mira all'autodistruzione perché non ce la fa più a sopportarsi.
Una razza umana che sa, dove nessuno fece nulla, e nessuno ha intenzione di fare nulla.
I vivi non vedono l'ora di brandire le loro mazze da baseball, o le loro testate nucleari.
I morti non vedono l'ora di divorare le loro interiora.

Per l'odio, forse lo saprete, l'importante non è la caduta, è l'atterraggio.

Quando non ci sarà più spazio all'Inferno, i morti cammineranno sulla Terra.


Ma non sarà un godibile videogioco, una serie TV in quattro stagioni.

E forse qualcuno si accorgerà di quanto sia costoso (doloroso) da ripagare, il biglietto per l'Inferno.






[Ma i buoni, state sicuri, i buoni si salveranno sempre, con un completo di frescolana , un nome rispettabile. E le mani sporche di sangue.]





http://www.pane-rose.it/files/index.php?c3:o34447:e1

http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2012/06/11/Disoccupati-acque-porto-Napoli-fermano-traghetti_7015507.html

giovedì 7 giugno 2012

Quanto durerà la pace.










Oh, my sweet summer child! What do you know about fear? Fear is for the winter, when the snows fall a hundred feet deep; fear is for the Long Night, when the sun hides for years and children are born and live and die all in darkness. That is the time for fear, my little Lord.
Old Nan


60 anni di pace nel vecchio continente. Ma nessuna statistica storica è mai stata infinita.
Ed ora che le ombre sono lunghe, l'Inverno si presenta alle porte.
I saggi guardano il cielo di nuvole scure, e vi ritrovano il terrore.

Quanto durerà la pace?

Vorrei dire per sempre, ma il canto mi muore in gola.
Non si riesce mai a cantare, quando la sera si avvicina.



martedì 5 giugno 2012

Facebook vuole vendervi ancora meglio: votate no.




Giro qui l'appello (con ritardo, dato che per tutto ieri blogger mi ha tagliato fuori):

"Più che un sondaggio, è un referendum. Facebook, il social network più frequentato del mondo (oltre 900 milioni di iscritti), vuole sapere se può spingersi oltre, nella raccolta e condivisione dei dati personali.
Cosa spinge la creatura di Mark Zuckerberg a lanciarsi in questa sfida dal risultato incerto? Il senso di responsabilità, certo. Il gusto del futuro, ovvio. Ma anche la paura. La paura di sentirsi dire: ehi, stai vendendo ciò che non possiedi!
Andiamo con ordine. Facebook, prima di continuare a scavare nella nostra privacy in cerca delle preziose informazioni care ai pubblicitari, ha deciso d'interpellare gli iscritti, che di quelle informazioni sono i titolari. Le novità riguardano nuove sezioni, diverse impostazioni delle pagine e strumenti per gli amministratori. Si parla della possibilità di utilizzare le informazioni anche al di fuori della piattaforma. Si discute (di nuovo) della «Timeline», per decidere se mantenere il nuovo aspetto del social network o tornare alla vecchia formula. Si discute, in sostanza, della Data Use Policy (per dirla in milanese moderno, tuttora in uso anche qui negli Stati Uniti).

Sarà necessario un quorum: se nella Facebook Election Week (come l'ha definita Mashable.com) voterà più del 30% degli iscritti attivi (quei 900 milioni che equivarrebbero al terzo Paese del mondo, dopo Cina e India), il risultato sarà vincolante; se voterà meno del 30%, l'opinione verrà considerata consultiva. In pratica dovranno esprimersi 270 milioni di persone - come la popolazione degli Stati Uniti, dove però molti non votano (nelle elezioni vere, e in novembre ne avremo un'altra prova).

Perché Facebook corre questo rischio? Perché la società è a un bivio: sono i mercati a segnalarglielo. Dopo l'enfatica quotazione in borsa, infatti, il titolo ha cominciato a scivolare inesorabilmente. Un po' di faciloneria dell'advisor Morgan Stanley, che ha scelto un prezzo di collocazione troppo alto? Fb non è più «cool», come sostiene qualcuno? Il social network non è adatto quanto Twitter a essere utilizzato sui nuovi dispositivi mobili, iPhone in testa?

Anche questo, forse. Ma il motivo principale l'ha riassunto magistralmente Christopher Caldwell del Weekly Standard in un op-ed sul Financial Times , sabato. I regolatori potrebbero decidere: Facebook sta vendendo qualcosa che non gli appartiene. I mercati lo hanno capito. E il social network di Zuckerberg - nato otto anni fa a pochi chilometri da dove scrivo questa opinione, a Harvard, oltre il fiume - non può ignorare né gli utenti né i mercati.

Si vota per una settimana sull'indirizzo http://on.fb.me/JXVN6J. Un grande esperimento di democrazia: non c'è dubbio che i nostri nipoti - quando tutta la popolazione sarà online - voteranno così ogni volta, per scegliere qualsiasi cosa (dal sindaco al parlamento). Quella di Facebook, per quanto vasta e lungimirante, è solo una consultazione interna. Ma un consiglio di voto si può dare.
Votate no.

La privacy non si vende. Figuriamoci se si regala.

Beppe Severgnini
twitter.com/beppesevergnini "



L'indirizzo è

Facebook Site Governance Vote

Dovreste votare per il mantenimento dei documenti esistenti.