Il rapporto degli Anni Zero
(L’amore ai tempi dell’angoscia)
“Cosa racconteremo ai figli che non avremo di questi cazzo di anni zero?”
[Vasco Brondi]
1.
La fine è vicina.
Inizio a scrivere che è Novembre.
Passerà in fretta.
Ieri era Ottobre e iniziavo appena l’Università.
Ora sono già in ritardo.
Come se dovessi marciare a tappe forzate.
Non ne ho voglia, tra l’altro.
Ieri l’androne delle scale odorava di te, Cristina. Devi capire quanto sia bello scendere dall’ascensore, nel freddo buio d’un garage, ed essere colpiti in faccia ed avvolti dal tuo profumo.
Come se dovessi spuntare a un certo punto dalle ombre abbracciandomi.
Chissà cosa diavolo avevano usato.
Con cosa avevano lavato.
Era davvero il tuo profumo, così come l’ho sentito cadere dai tuoi capelli, arricchirsi sulla tua pelle.
Invadeva l’aria.
Ed io ripetevo: “Che odore di Cristina, che odore di Cristina.”.
Le formule magiche d’evocazione (summoning).
Non ha funzionato.
Naturalmente.
Sarebbe stato bello.
Utile.
Meraviglioso.
Come riuscire a stare insieme tutta una vita. Od oltre.
Meraviglioso.
Impossibile.
Ma ci sto facendo le ossa, te lo giuro.
È che ho scelto un periodo pessimo.
2.
“…smetti di tremare, o avrai sempre freddo. Non si può capire tutto assolutamente, è stato un mese terribile. Venere. Che tenerezza che mi fai…”
[Rasali]
È stato un mese terribile.
A coronare degli anni che quasi non riesco a ricordare, come anni.
Ma ci pensi?
Siamo i primi uomini del nuovo secolo, del nuovo millennio!
Cosa ci è rimasto, di questo decennio?
Mi ricordo di aver aspettato il 2000 come un evento irripetibile.
Ero felice di cose assurde.
Dell’ingresso dell’Euro, ad esempio.
Non mi sembrava malaccio.
“…it seemed like such a good idea at the time,
such a very very good idea at the time.”
Avevo nove anni.
È con un certo terrore che mi scopro capace di riportare alla mente quella vocetta infantile che gioisce di cose prettamente inutili. Ho quella sera in testa come una fotocopia perfetta.
E mi fa paura.
Era dieci anni fa, come se fosse ieri. Forse mi ero sentito particolarmente (goffo? brutto? insipido? felice?) quella sera.
Avevo nove anni e il nuovo millennio mi sembrava un’ottima idea. Eravamo salvi.
Irene ne aveva diciotto.
So come ci si può sentire. E mi chiedo cosa lei sentisse.
Cosa si sentiva Irene, a cambiare millennio alla tua età?
Cosa si provava oltre l’idiozia?
Raccontamelo, perché io ero un bambino innocente e grassoccio, che ora struscia la sua faccia sull’asfalto ruvido.
Dimmelo, dimmi che la caduta è solo un’impressione, dato che non abbiamo mai volato davvero.
Stavo solo dormendo.
Dimmelo tu che eri sveglia e già guardavi questi scenari.
Quand’ero piccolo, mi innamoravo di tutto.
“[…]But it seemed like such a good idea at the time,
such a very very good idea at the time.[…]”
[The Darkness]
3.
Le foto della ballerina sudamericana all’ingresso della metro tripudiano immerse tra il sudiciume del piazzale, e l’odore penetrante.
Piscio irrancidito sul cemento e tra le aiuole fiorite, vicino alla fontana delle abluzioni. Quando il sole si alza stanco nelle mattine invernali, e verso le dieci indugia basso sul filo degli alberi.
Le foto della ballerina sudamericana che sorride all’ingresso principale della metropolitana.
Piscio rancido sul cemento e tra le aiuole.
Le foto della ballerina sudamericana che sorridono ai soldi degli abitanti dell’ingresso principale della metropolitana..
Piscio rancido.
Alle dieci.
L’odore.
Il sorriso della ballerina.
Gli autobus.
La carta sudicia spazzata dal vento.
La gente che passa.
Gas di scarico.
Merda luccicante sui marciapiedi.
La descrizione perfetta dello squallore.
Qui ti davo appuntamento.
“…dove tra ingorghi di desideri
alle mie natiche un maschio s'appende
nella mia carne tra le mie labbra
un uomo scivola l'altro si arrende…”
Binario 19.
Ogni tanto ci scendo, anche se il 22 è più probabile.
O un venti qualsiasi.
Sceglievo il 19, sempre.
Per via del mistero del 18 che scompare?
Perché è al centro?
Ora non saprei.
È una ragione dimenticata.
Specie da quando torno in questa stazione spesso.
Una volta mi sembrava la magica porta di una città eterna.
In accordo vibravo con questa eternità.
Ora non potrei.
Mi sento peggio di quando uscimmo a riveder Venezia, e la polverosa Santa Lucia sembrava l’ultimo scudo a un grande trauma.
Perché lei sapeva ancora di stazione. Era il luogo del normale, del viaggio conosciuto. Ma la città non faceva altro che morire, sgretolata dal rumore che fanno milioni di passi all’unisono, e la chiusura di mille otturatori giapponesi al millesimo di secondo.
Ora vedo le crepe su ogni muro, anche qui, a Roma.
Li vedo, mangiarla.
A brani, a brani.
Vittoriano, Quirinale, Palazzo delle Esposizioni, Colosseo, Porta Portese, Piazza Navona, Fori Imperiali, l’Eur.
Un morso per volta.
Le foglie morte non raccolte da secoli si decompongono lavando vie purulente l’asfalto, che esplode tra sole e pioggia.
Arriva il signore della Decomposizione, ed io ne ho paura.
Perché attaccate tutti quei manifesti a soffocarsi, in via Nomentana?
Che senso ha questo grigio insulso di gas di scarico?
La merda luccica sulle strade bucate.
I palazzi crollano senza rumore.
“"Un altro difetto del carattere umano è che ognuno vuole creare e nessuno vuole fare manutenzione."
[Kurt Vonnegut]
Qui ti davo appuntamento.
E ci tenevamo per mano un giorno intero, guardando il tramonto addormentare Roma.
Vorrei riavere quel giorno, per chiudermi la bocca con un pugno, e guardarti in silenzio, con la bocca spaccata e inutilizzabile. Guardarti in silenzio senza far dire cose stupide alla mia timidezza.
Nel sole che arrossisce i capelli abbracciarti soltanto, come se non vi fossero città, o piazze, o rivoluzioni.
È troppo tempo che non ti vedo.
Geco.
Alice.
“La notte mi sveglio, ed ho ancora paura”
4.
“Ricorda sempre che sei unico. Esattamente come tutti gli altri”
[Anonimo]
Quella pubblicità è orribile.
Specie la bambina alla fine.
Quella che invece di stare fuori sulla neve, corre dentro a guardare la televisione.
Ci corre, capite?
Tutti gli altri tronfi coglioni, con la loro bella televisione ad alta definizione stanno lì a guardarsi qualunque merda passi, incastrati nei posti più astrusi, facendo i loro lavori con i piedi.
La bambina per un secondo sembra quella che salverà la giornata.
E invece corre a guardare la televisione, sorridendo.
Grandissima stronza.
Pubblicitari, vile razza dannata.
Normalmente sarei solo incazzato con voi.
Poi penso che avete solo rappresentato la realtà delle cose.
E rimango preda di un terrore depresso.
“In futuro, tutti saranno famosi per quindici minuti.”
[Andy Wharol]
La fobia del mio tempo è apparire.
Mostrare,non importa cosa, in nome di, non importa cosa, col fine di, non importa cosa.
La fobia del mio tempo è apparire.
Un fotogramma almeno, una canzone cantata male, lasciatemi dire il mio nome.
Ciao, mamma. Non faccio niente. Ma vende.
La gente ama il banale, l’ovvio, il triviale.
Non gli fa pensare, alla loro miseria.
Drogati da forti dosi di nulla, nebulizzato nell’aria, non ci occupiamo più di noi.
La gente ama quello di cui può fregiarsi, anche se non lo capisce.
Anche le scimmie adorano le cose che luccicano.
“E intanto Paolo VI non c’è più, è morto Berlinguer, qualcuno ha l’AIDS, qualcuno è Post, qualcuno è Pre senza essere mai stato niente. Niente…”
[CCCP Fedeli alla Linea]
Ed ora che ogni cosa è satura e stancante, su quali trampoli saliremo per dire qualcosa di importante, Michele? Chi ci ascolterà se il rumore di fondo ha raggiunto i livelli di un rotore Gulfstream? Abbiamo passato generazioni a sbottonare popolazioni bigotte che ora si sono svaccate in un meschino trasgredire da cattivelli, elevato a regola d'arte.
La chiamano libertà.
“Sai che fortuna essere liberi, essere passibili di libertà che sembrano infinite e non sapere cosa mettersi mai dove andare a ballare a chi telefonare ...”
[ CCCP Fedeli alla Linea]
“A noi ci hanno insegnato tutti gli americani.
Se non c'erano gli americani... a quest'ora noi eravamo europei […]
A loro gli basta regalare.
Una volta gli invasori si prendevano tutto del popolo vinto: donne, religione, scienza, cultura... Loro, no. Non sono capaci. Uno vince la guerra, conquista l'Europa e trova... non so... una lampada Liberty... che fa? Il saccheggio è ammesso... la fa sua. No! Civilizzano, loro. È una passione... E te ne mettono lì una al quarzo: tutto bianco.
E l'Europa, con le sue lucine colorate, i suoi fiumi, le sue tradizioni, i violini, i valzer...
E poi luce, e neon, e vita, colori... e poi ponti, autostrade, grattacieli, aerei...
Chewingum!...
Non c'è popolo più stupido degli americani! [...]
La cultura non li ha mai intaccati. Volutamente. Sì, perché hanno ragione di diffidare della nostra cultura elaborata, vecchia, contorta. Certo, più semplicità, più immediatezza... Loro creano così. Come cagare. […]
A me l'America non fa niente bene... Troppa libertà, bisogna che glielo dica al dottore. A me l'America mi fa venir voglia di un dittatore. Oeh!... (si arrabbia con se stesso fino a schiaffeggiarsi) Sì, un dittatore. Almeno si vede, si riconosce.
Non ho mai visto qualcosa che sgretola l'individuo come quella libertà lì. Nemmeno una malattia ti mangia così bene dal di dentro.
Come sono geniali gli americani!
Te la mettono lì, la libertà è alla portata di tutti, come la chitarra. Ognuno suona come vuole e tutti suonano come vuole la libertà.”
[Giorgio Gaber]
Liberi, liberi.
Libertà obbligatorie a cui sottostare.
Confusione, rumore, movimento.
Cosa dovremmo creare?
Quale colosso resisterebbe a quella emorragia di inutilità che è il pane e il circo di questo tempo?
Ti accompagno come un Senzasperanza con uno Zweinhander in mano. A cercare di intuire piani che facciano riprendere dal K.O. del mondo.
5.
“Ci meritiamo le stragi, altro che Alberto Sordi...”
[Ministri]
6.
No, non sono così tranquillo nell'invecchiare Vladimiro.
O nel crescere, se vuoi vederla ancora così per un po'.
Guardo i giorni passare e scadere come se niente fosse, anche stando fermo a fare nulla.
Nel passaggio da una vita all'altra sono inciampato.
Fuori strada ho iniziato a misurare il vuoto.
E poi, mica è più facile, far finta di essere normali.
“Isn't quiet, and cold, walking all alone, alone ?”
[Gentle Giant]
Dovevo star camminando da solo, ma questa non è una selva oscura, ed io non ero pieno di sonno.
Mi sembra anzi di non essere mai stato così sveglio. Ogni fuga nel sonno si risolve al mattino dopo in una presa di coscienza semplice. Altre ore sono passate, altre ore volate, mentre succedeva, niente.
Così faccio le 4 ogni notte, senza accorgermene, prima di decidere che sono troppo stanco per combattere ancora con le mie invisibili psicosi. Mi sveglio che il sole è già alto. Mi sento disfatto come il mio letto. Non credere che non abbia provato a scappare.
“[...]Adesso che il tempo sembra tutto mio
e nessuno mi chiama per il pranzo e per la cena,
adesso che posso rimanere a guardare
come si scioglie una nuvola e come si scolora,
come cammina un gatto per il tetto
nel lusso immenso di una esplorazione, adesso
che ogni giorno mi aspetta
la sconfinata lunghezza di una notte
dove non c'è richiamo e non c'è più ragione
di spogliarsi in fretta per riposare dentro
l'accecante dolcezza di un corpo che mi aspetta,
adesso che il mattino non ha mai principio
e silenzioso mi lascia ai miei progetti
a tutte le cadenze della voce, adesso
vorrei improvvisamente la prigione.[...]
[Patrizia Cavalli]
“Fuggi, cosa fuggi? Non c'è modo di scappare.”
[Baustelle]
Ma sarebbe uno stupido e inutile spreco di forze, ora.
Checkpoint.
Non si torna indietro, dopo determinati passaggi.
Rimane tra le voglie celate della parte bestiale, che non controlli.
Davanti hai un mondo di colori ora diversi da affrontare, anche quel che conoscevi, cambia.
Tutto quello che conoscevi, è sbagliato. É incompleto, quanto meno.
Cerco di capirmi.
Cerca di capirmi.
Il tempo non tornando va avanti senza spiegarsi.
Probabilmente sarà tardi comunque quando l'avrò inquadrato.
Così poco tempo prima di morire, così tante cose da fare.
Invecchiare adesso è quasi una sconfitta.
Uniscila alla grande corrosione del mondo. É greve, non trovi?
Mi trovo a fare inutili pensieri vili sull'immortalità.
Poi li scaccio, almeno fino a prova contraria (scientifico, non trovi?).
E penso a un punto dove sfogarmi la sera, raccontare come Boccadimiele la mia storia a qualcuno, le mie storie.
Perchè stento a crederci anche io.
“Life can be short or long, it depends where you go at night”
[Franco Battiato]
Mi fanno sentire non a mio agio, comunque.
Passo serate lunghe a parlare con chi trovo sulla mia strada.
Conosco tanti, da tanti anni.
Ma ogni volta mi sento male, nelle voci, nel loro rivolgersi a me, c'è qualcosa che mi fa stare male.
Tra i bar e la sera, tra le feste e la strada, sento di muovermi solo come il fantasma sacro di un ricordo, che ti fa piacere per un attimo, e poi dimentichi a lungo. Trattato come un delicato fantasma sacro, separato dal mio corpo.
La gente che incontro evita di toccarmi troppo a lungo, troppo a fondo. Come qualcosa che ti piace ma non capisci, il quadro di una esposizione messo in salotto a prendere polvere.
Vorrei fosse presunzione, ma è una ben precisa sensazione.
Dopo cena rimango solo.
A volte ho visto l'aurora peplo di croco.
NONHOSONNO.
7.
“Have you ever noticed that the word loser rhymes with poser?”
[True Nanowar of Steel]
Signora?
Ora capisco quelli che odiavi, ti capisco dopo tanti anni.
Cecilia?
Hai ragione, gli psicodrammi inutili ammazzano. Devo liberarmene. Intanto invidio gli stupidi pensatori indipendenti che sputano sentenze dal loro mondo di pura espressione osè. Perchè non hanno le mie catene, non le hanno mai avute. E anche se non hanno capito come te che esploderanno come supernove, non trovo consolazione. Mi battono ancora,vanesi, mi trovano iroso.
Stefano?
Hai ragione, io devo andare via. Spero solo non sia un colpo di mannaia.
Eleonora?
Francesca?
Non voglio rimanere solo, non voglio.
Non credo riuscirei a trovare una posse dove nascondermi.
Sono anarchico di pensieri, mi annoio nei partiti, sono curioso, e il mondo, è la strada la mia terra.
Possiamo scappare e chiuderci, possiamo dirci che ci importa solo di pochi.
Ma anche i miei pochi sono tanti e sparsi come il granelli di polvere in un mare immenso.
Non riuscirei a stare fermo e a nascondermi nelle roccaforti della mia debolezza.
Sono un tipo da ultime cariche, da gloria dell'alba prima della morte.
E poi, non c'è modo di scappare.
Presto verranno per noi.
8.
Parlo ed è quasi finita l'aria.
Prendi oggi.
L'Iran che muore.
L'Iran che minaccia.
Le bombe rivendicate.
La pax U.S.A. irrancidita.
Assassini di stato in Cina.
Piange la Sirena a Copenhagen.
L'Occidente con un grosso bersaglio sulla schiena.
L'Oriente che si dilania il petto e mangia delle sue carni.
Putin che annuncia bombe strategiche.
Putin.
Come fa a parlare Putin?
Muove la bocca certo, comprime l'aria.
Meccanicamente, è lampante.
E questo ruotare meccanico del mondo, che lo rovina.
Quanti anni hai
Diciannove
Hai già ucciso qualcuno da quando sei qui in Cecenia?
Sono in regola coi numeri
Che significa
Dobbiamo uccidere tre o quattro ceceni al giorno
Tre o quattro al giorno? E come fate?
Non è difficile. Andiamo nei villaggi e facciamo il fagotto umano
Cos’è il fagotto umano?
Prendi una decina di persone, le leghi insieme e poi butti una granata in mezzo”
[da un'intervista di Anna Politkovskaja a un soldato russo ridotta in forma teatrale da Stefano Massini]
Entro il 2050 saremo finiti Alez.
Previsione realistica, te l'ho detto.
Cosa ti aspettavi d'altronde?
Un gruppo di criminali maniaci che va avanti di tattica in tattica, questi sono gli uomini che decidono delle sorti del mondo.
Hanno un perchè?
Io non lo so, credo che se lo siano scordato anni fa, il loro perchè, all'inizio, quando qualcuno gli disse che era desiderabile scalare il potere, senza dire neanche lui, il perchè.
E già allora, e da allora, non si sono mai chiesti quale funzione hanno, davvero.
Di azione inutile in azione inutile perpetuano la disfatta del mondo.
Questo dovrebbe farci rabbia davvero.
L'inutilità del loro agire.
Almeno una volta dovevano ammantare la loro Hýbris di mille ammenicoli metafisici.
Pagare pegno al mondo.
“ [...]É stato un tempo il mondo giovane e forte,
odorante di sangue fertile...
Dimora della carne, riserva di calore,
sapore e familiare odore...
Il nostro mondo è adesso debole e vecchio,
puzza il sangue versato è infetto...[...]”
[CSI – Del mondo]
Dovrebbe farci rabbia, la loro inutilità.
Comunque vada, qualcosa ci fa rabbia.
Ma basta la rabbia di dei granelli di polvere a cambiare l'andare dei banchi di pesce nel mare?
Guardali, i troppi che giocano al gioco e che vanno di giostra in giostra, di ciclo in ciclo, senza curarsi di essere arrivati al dente finale dell'ingranaggio.
Guardali.
“[...]E noi che siamo essere liberi
carne
solo per caso raramente
qualche cosa d'altro
un ciclo siamo macellati
un ciclo siamo macellai
un ciclo riempiamo gli arsenali
un ciclo riempiamo i granai[...]”
[CCCP – Guerra e Pace]
Quarant'anni e sarà tutto finito.
La fine, di ogni nostro piano elaborato.
A meno che qualcosa non ci.
Non posso respirare.
Cantami, la tua migliore canzone contro il panico.
9.
Piangevo come tu hai descritto, David, al calare di questo anno.
Come il piccolo uomo di pixel costretto ad invecchiare in pochi secondi. Così ora mi sembrano questi giorni di carta e la mia barba allungarsi e ingrigirsi. Quella notte l'ho passata ad aspettare l'alba. Non dovevo perdere tempo. Rincorsa dei giorni. Altri ricorderà. Al calare di questo anno piangevo senza poter parlare, ero bloccato, sembravo voler vomitare l'anima, ranicchiato nel nulla nel letto nel nulla mi arrotolavo in me e morire mi lasciava inchiodato sul prima e sul dopo il durante e sparire mi da problemi tutto quello che posso godere e soffrire tutto si dissolverà e allora piangevo e il sole bastardo scendeva la luna saliva o il contrario è lo stesso a prendermi in giro e non riesco a morire forse perchè non riesco a vivere braccato da un tempo idiota che non mi lascia nemmeno riprendere fiato tra parola e parola ascoltare i miei desideri esaudire i miei bisogni e mille doveri inutili che non ho chiesto io e vedevo ora ho smesso ma vedevo gli scheletri dei vecchi scarnificarsi e creparmi di fronte e tutti invecchiare di botto prendere il treno era un supplizio ogni volta con cadaveri polverosi siano maledetti gli effetti speciali che mi hanno insegnato come si fa a invecchiare in secondi decadere fino agli dei del caos che neanche esistono senza un nome perduto posso dimenticarmi tutto ma sarà sempre presente e così che andrà a finire impotente mi sento rassegnato a una vita e tu puoi capirmi anchesestavoimpazzendoehounavogliainsanadibuttaretuttalamiavitaoratupuoicapirmi.
Tu, che sei la pace e la malinconia insieme.
Ora che devo ricostruirmi nella nuova carne.
Tu, triste e carico d'onore come un eroe del Teatro Nō.
Starei ore ad ascoltarti parlare delle tue meraviglie, mentre la mia anima tormentata riposa.
10.
Mellonta Tauta
Di aver sperato
non mi vergogno
né di sperare
Chico
non credo alle scritte
enormi dei palchi
credo alla carne
da tatuare
Alba. Amici comuni
recensiscon sconfitte
Notte. di nuovo il suono
di calci di fucile
che sfondano porte
Rosa. E poi
siamo soli
lasciate il mondo
alla fine
alle ruspe
ai re della droga
ai pipistrelli
a chi tradisce gli amici.
[Stefano Benni]
“Da bambino volevo guarire i ciliegi
quando rossi di frutti li credevo feriti
la salute per me li aveva lasciati
coi fiori di neve che avevan perduti.
Un sogno, fu un sogno ma non durò poco
per questo giurai che avrei fatto il dottore
e non per un dio ma nemmeno per gioco:
perché i ciliegi tornassero in fiore,
perché i ciliegi tornassero in fiore.”
[Un medico- Fabrizio De André]
I miei amori passeggeri duraturi spesso affidati al caso delle carte cadute sul tavolo a me vicine sono sempre stati l'unica risposta di cui ero capace al mondo. Inespressi nel dubbio della mia timida indole da bambino occhialuto troppo cresciuto, sono stati un tesoro interiore. Di aver sperato non mi vergogno, Amarena, né di sperare.
Forse affido a te la sezione dell'amore perchè sei la più giovane del novero, tanto hai provato, ma tanto ancora puoi. Forse.É un amore silente che ho diffuso come vapore nella speranza di un infezione. Invisibile come virus, nessuno mi ha mai visto farlo. Credo in pochi si siano accorti, che ho amato. Ma l'amore quello si sentiva, l'amore per il mondo e per i corpi e quello di cui erano impregnati. Queste cose non cambiano, quasi mai, né l'età, né la disperazione, né le frecce o i dardi del destino.
Pochi possono.
Nella luce che fende l'ombra come lama ti confesso che amo ancora, silenzioso come sempre.
Non riesco ad uscire fuori dai denti e intimo in me brucia un ardore che pochi riescono a vedere.
Come il fumo di un falò lontano.
Il bagliore di fuochi d'artificio, percettibile all'orizzonte.
Fa parte delle cose che non scegli, l'espressione di quel che senti.
Tra DNA e tradizione.
La gente viene ancora da me per riposare.
Cerca un guaritore, e non un amante.
Guardo le mie mani, che li soddisfano. Erano nel giusto.
Ferito, lacero e contuso.
Continuerò ad amare.
Continuerò a guarire.
Aspetterò che fiorisca quel che ho seminato, anche ora che l'attesa è una folle eresia.
L'ho promesso a tanti.
Anche a me.
Stretti i denti, fino a far male.
11.
“[...]E allora ci siamo sentiti insicuri e stravolti
come reduci laceri e stanchi, come inutili eroi,
con le bende perdute per strada e le fasce sui volti
già a vent'anni siam qui a raccontare ai nipoti che noi
noi buttavamo tutto in aria
e c'era un senso di vittoria
come se tenesse conto del coraggio
la storia.”
“Sì, qualcuno era comunista perché, con accanto questo slancio, ognuno era come… più di sé stesso.
Era come… due persone in una.
Da una parte la personale fatica quotidiana e dall'altra il senso di appartenenza a una razza che voleva spiccare il volo per cambiare veramente la vita.
No. Niente rimpianti.
Forse anche allora molti avevano aperto le ali senza essere capaci di volare…come dei gabbiani ipotetici.
E ora? Anche ora ci si sente come in due.
Da una parte l'uomo inserito che attraversa ossequiosamente
lo squallore della propria sopravvivenza quotidiana e dall'altra il gabbiano senza più neanche l'intenzione del volo perché ormai il sogno si è rattrappito.
Due miserie in un corpo solo.”
[Giorgio Gaber – I reduci/Qualcuno era comunista]
Inutili barricate.
Fuoco libero.
Faretre vuote.
É finita.
Pegni di sangue.
Omaggi a chi parte.
Il mare di ghiaccio.
Dormire, come un Mammuth.
É finita.
12.
“[...]Here am I floating
round my tin can
Far above the Moon
Planet Earth is blue
And there's nothing I can do.”
[David Bowie – Space Oddity]
Finisco di scrivere in un qualche giorno di Dicembre, verso la fine.
La fine, come è vero, è inevitabile.
Alti e bassi di produzione e ispirazione mi hanno trascinato fino a qui, impedendomi di fare cose che dovrei, ma a chi proprio non so.
Mi ero ripromesso di arrivare fin qui, velleità numerologiche.
Ora non rimane che tracciare le somme di questo magma vagamente informe e dubbiamente letterario, e dire quale sia la conclusione del rapporto, l'analisi di un decennio.
“Cosa c'è oggi, che ieri non c'era?”
[Stefano Benni]
Disegna un paradosso e divertiti a cercare.
Non so concludere i miei incubi che con la domanda da cui sono partito, di cosa raccontare a figli che non avrò.
Se varrà ancora la pena raccontare, se sarà giusto. Se saranno ancora uomini, o nulla. La risposta è nel libro. Tra le parole.
“ - Tutto quello che accade, tu lo scrivi.
Tutto quello che io scrivo, accade”
[Micheal Ende – La Storia Infinita]
Ma i personaggi non sanno leggersi, i personaggi non sanno di essere parte di una storia, che sarà parole e inchiostro e versi, e che ne sarà del bambino stupido che si diverte a tagliarci le pagine e a gettarle a caso nel fango?
Non lo so.
Ho strani ricordi di questi anni.
“[...]se penso a un giorno o a un momento ritrovo soltanto malinconia
e tutto un incubo scuro, un periodo di buio gettato via... [...]”
[Francesco Guccini – Piccola Città]
Se dovessi dire, direi niente.
Un niente triste gettato in mezzo a pararami dalla domanda principe.
Cosa fare?
Cosa farò.
Cosa faremo.
Che dobbiamo fare?
Chi saremo, dopo tutto questo niente che abbiamo vissuto, e quello che ora sappiamo?
Non lo so, come è sempre stato. Non lo voglio sapere, come vivremo.
Faremo, affronteremo, sarà deciso.
Vivremo.
Ho iniziato da qui, a superarmi, a rimaciullarmi, a rimettere insieme dieci anni.
E qui finisce, il rapporto di un decennio, dov'era iniziato.
Dalle tue parole.
Collega.
Francesca.
“October knew, of course, that the action of turning a page, of ending a chapter or of shutting a book, did not end the tale.
Having ammited that, he would also avow that happy endings were never difficult to find: “It's a simply matter” he explained to April: “of finding a sunny place in a garden, where the light is golden and the grass is soft, somewhere to rest, to stop reading, and to be content.”
[The man who was October – G.K. Chesterton /Libreria dei sogni]